Salerno. Caos san Matteo, fischi al vescovo e il prefetto se ne va

L'arcivescovo Morelli e il questore Anzalone
L'arcivescovo Morelli e il questore Anzalone
di Adolfo Pappalardo
Domenica 21 Settembre 2014, 23:42 - Ultimo agg. 22 Settembre, 13:40
2 Minuti di Lettura
SALERNO - l’ammutinamento delle paranze. Ignorano gli ordini del vescovo, della Chiesa, e fanno di testa loro. Tra statue di santi che cambiano percorso o che vengono adagiate a terra per protesta. Tra fischi al vescovo e cori da stadio. Scene che costringono il prefetto, indignata, ad abbandonare la processione del Santo patrono. Con una festa che da religiosa diventa uno scontro, aperto, duro, tra la Chiesa e il Comune. Tra il presule e il sindaco di Salerno. Con il secondo che vince la sua prova di forza: richiama in servizio gli uscieri, fa aprire le porte di palazzo di Città, per far entrare le statue dei santi a fare l’inchino. Quell’inchino vietato dal vescovo Luigi Moretti. Da lontano, senza essere mai presente però, De Luca, a uno scontro senza esclusione di colpi.

Prima un diverbio, in mattinata, tra il sindaco e il parroco della Cattedrale durante la funzione. Con il prefetto Maria Gerarda Pantalone costretta a fare da paciere. Ma è solo l’incipit di quel che accadrà nel pomeriggio. Con i portatori e le paranze che si ammutinano. Non vogliono uscire in processione. E usano a pretesto le statue dei santi fatte trovare non nella Cattedrale ma nell’atrio romanico che è parte stessa dell’edificio religioso. Venti minuti di trattative con il vescovo che accetta il ricatto: potranno fare le girate, una sorta di piroetta, agli angoli di strada.Solo la paranza di San Matteo, quella del santo patrono, si rifiuta di uscire. Il vescovo è terreo e deve intervenire la Digos e il questore Anzalone con un faccia a faccia durissimo con il capo paranza. Una trattativa che, se ci levi parametri sacri, statue e canti, sembra quella tra tifosi e forze dell’ordine davanti allo stadio. Poi si esce anche se manca lui: il convitato di pietra De Luca che dal ’93 ad oggi (tranne in un caso) è sempre incollato alla statua del patrono. Per misurare a suon di applausi il suo personale consenso.



Invece la processione è una personale via Crucis del povero vescovo che sopporta con carità cristiana. Tutto. Paranze che proseguono per fatti loro e fischi che arrivano dalla folla e manco gli permettono di iniziare la preghiera. Una, due, tre volte. Con i rappresentanti del Clero che vorrebbero andarsene. Lo fa invece il prefetto Maria Gerarda Patalone, indignata, quando vengono posate le statue in terra. L’ennesimo sfregio. Poi gli uscieri vengono richiamati (e da chi se non dal sindaco De Luca?) per aprire le porte del Comune. Per far entrare le statue a fare l’inchino come aveva vietato il vescovo. A cui non gli viene riservato nemmeno l’onore delle armi: fischi anche alla benedizione finale. Mentre sono applausi ai capi paranza che hanno tenuto in ostaggio la processione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA