«Alghe? Aspetterei le analisi,
rischio pericolo per le tartarughe»

L'intervista a Sandra Hochscheid
L'intervista a Sandra Hochscheid
Marilu Mustodi Marilù Musto
Martedì 19 Luglio 2022, 17:42 - Ultimo agg. 20:15
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«Alghe? Fermiamoci e cerchiamo di capire di quali organismi di tratta. Se contengono batteri possono danneggiare la fauna marina e arrivare alle tartarughe. Come? Di alghe si cibano i molluschi e i molluschi vengono mangiati dalle tartarughe, in questo modo si altera l’ecosistema. Ma prima di creare allarmismi, studiamo l’alga e aspettiamo il responso dell’Arpac». Cautela è la parola più usata da Sandra Hochscheid, primo ricercatore del Dipartimento di conservazione Animali Marini e Public Engagement della stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli. È la studiosa con più esperienza di ecosistema marino di tutto il Sud Italia, fra le prime in Europa. Tedesca di nascita, napoletana di adozione, coordina e studia l’evoluzione degli organismi marini. A lei si deve anche una campagna di sensibilizzazione sulla tutela delle tartarughe in Campania e nel Casertano, oltre che nell’area Salernitana con Ascea capofila. 

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La presenza di alghe è indicativa di un mare inquinato?
«Non sempre.

Spesso le alghe con batteri si trovano in aree tossiche come un canale o la foce, penso all’Agnena. Una depurazione non equilibrata può sviluppare la crescita di alghe, ma un altro parametro è la temperatura».

Goletta Verde ha evidenziato due punti del mare fortemente inquinati nella provincia di Caserta, foce del fiume Savone a Mondragone e dei Regi Lagni a Castel Volturno. Può essere questa una causa?
«Potrebbe, ma andiamoci piano. I canali, ad esempio, sono il punto scelto anche dalle tartarughe perché quella parte lì è ricca di cibo».

Anche se il canale è fortemente inquinato?
«La depurazione non eccellente non è mai stato un indice di non presenza di tartarughe».

 Ma se di alghe tossiche si tratta, potrebbero essere pericolose anche per gli esseri umani.
«Ovviamente sì. Se entra nella catena alimentare, nei molluschi e negli altri animali, significa che anche noi siamo esposti. Bisognerebbe capire e studiare. Un altro indice di inquinamento è, ad esempio, il fondale fangoso. Insomma, ci sono vari parametri».

Basterebbero più controlli per capire se qualcuno sversa illegalmente nel Savone?
«Bisognerebbe lavorare con i controlli della Regione, con le autorità locali e, soprattutto, con le forze dell’ordine. Si devono incentivare le sanzioni. L’altro giorno abbiamo avuto, ad esempio, un incontro con la capitaneria di porto di Napoli e loro sono stati molto aperti alle nostre esigenze, ma ci hanno anche spiegato che non hanno mezzi nè personale e quindi il livello delle multe resta basso».

Nei fatti, però, quest’anno non è stato trovato alcun nido di tartarughe a Mondragone.
«Solo a Castel Volturno, dove c’è l’attività di monitoraggio dei volontari». È vero che sono state trovate oltre dieci tartarughe morte sul litorale Domizio, il mese scorso? «Sì. La carcassa di un esemplare aveva anche il flip tag del Dohrn, significa che era stato curato da noi e poi liberato, ma ucciso poi l’anno dopo. Anche per questo motivo la liberazione dell’ultima tartaruga curata abbiamo deciso di farla nel mare del Cilento. Non possiamo rischiare».

Quanto influisce la pesca a strascico e i pescatori di frodo?
«Tanto. Bisognerebbe partire da lì per evitare la morte».

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