La beffa del bonus per malati oncologici e invalidi: «Non ce lo danno, siamo penalizzati due volte»

La beffa del bonus per malati oncologici e invalidi: «Non ce lo danno, siamo penalizzati due volte»
Mercoledì 22 Aprile 2020, 15:11 - Ultimo agg. 16:30
4 Minuti di Lettura
Niente bonus di 600 euro, già percepisce un assegno di invalidità che ammonta a 271,87 euro. È quanto accaduto a una 37enne, Serena Caramelli, malata oncologica. La donna aveva un lavoro, come partita Iva, nel turismo: gestiva appartamenti.

Con l'emergenza Coronavirus ha perso clienti e stipendio. Si è così attivata per avere il bonus previsto nel decreto governativo "Cura Italia" ma le è stato comunicato che non le spetta: già percepisce i 271,87 euro di assegno di invalidità. «Prima la malattia poi la perdita del lavoro infine la beffa dell'Inps - racconta Serena -. Non so se ridere o piangere, sopravvivo con 271 euro al mese ed essendo malata avrei maggiormente bisogno di un sostengo economico quanto mai urgente in questi momenti di crisi economica».

La beffa, come nel caso della signora toscana, ma anche di altre migliaia di persone nelle stesse condizioni, emerge dalle norme approvate dal Governo  nel
 "Cura Italia" che riconosce il bonus a lavoratori autonomi e liberi professioni "sani" che hanno subito un danno economico e a quelli invalidi civili che già percepiscono una prestazione assistenziale dell'Inps mentre escludono i "malati e invalidi" che hanno «una pensione-assegno» di invalidità grazie ai contributi versati. Una «discriminazione» per la quale, con una una lettera aperta, le associazioni che si occupano di disabilità e malati oncologici - Favo, Fish e Ail, Fand e Uniamo - hanno chiesto un «tempestivo e dirimente intervento governativo che ponga immediato rimedio».

Ma a scendere in campo, con un istanza indirizzata al ministro del Lavoro Catalfo e dell'Economia Gualtieri, a tutti i parlamentari e alla Cassa Forense, è anche l'Ordine degli avvocati di Roma, per mano di due consiglieri, Stefano Galeani e Aldo Minghelli. Riportiamo il testo integrale della lettera:


«Il decreto in oggetto ha fissato i criteri di priorità e le modalità di attribuzione dell’indennità riconosciuta dall’art. 44 del D.L. N 18 del 17 marzo 2020 a valere sul “Fondo per il reddito di ultima istanza” in favore dei lavoratori autonomi e professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria, danneggiati dal virus COVID 19.
Tra i requisiti richiesti dall’art. 3 del suddetto decreto vi è quello di non essere titolare di pensione (lett. a).
Tale previsione, legittima e pienamente condivisibile per coloro che fruiscono di una pensione di anzianità, esclude però dal beneficio, o almeno così viene interpretata da Cassa Forense, anche coloro che percepiscono una pensione di invalidità conseguente alla loro ridotta capacità lavorativa, a meno di 1/3, determinata da infortunio e/o malattia e viene erogata a condizione, pena la sospensione e la successiva revoca,  della regolarità contributiva.

Come è noto l’importo ricevuto a titolo di pensione o assegno di invalidità è totalmente funzionale per accedere alle cure mediche necessarie.
Risulta, quindi, di solare evidenza come l’esclusione dal reddito di ultima istanza di coloro che percepiscono una pensione o un assegno di invalidità costituirebbe, per gli stessi, un ulteriore danno privo di qualunque giustificazione oltre che una palese violazione dei nostri principi costituzionali.
Con la presente, pertanto, si chiede a Cassa Forense di attivarsi presso il Legislatore affinché, in sede di interpretazione autentica, chiarisca che il termine “titolare di pensione” è riferito unicamente ai titolari di pensione di anzianità o vecchiaia.
In alternativa si chiede che la pensione o assegno di invalidità venga integrata, nel suo ammontare netto, fino al raggiungimento dell’importo di euro 600,00 per tutta la durata del “Fondo per il reddito di ultima istanza
».

Il reddito di ultima istanza (decreto legge “Cura Italia” 18/2020 art. 44, decreto 28/3/2020 Catalfo-Gualtieri e decreto legge “Liquidità” 23/2020 art. 34) per i lavoratori autonomi e liberi professionisti è riconosciuto agli iscritti in via esclusiva alla gestione separata INPS o alle Casse professionali.
Quel bonus spetta anche se il lavoratore percepisce un assegno di invalidità civile (provvidenza di natura assistenziale erogata dall’INPS) mentre è negato a chi percepisce un assegno ordinario di invalidità, denominato in alcuni casi pensione – provvidenza di natura previdenziale erogata dall’INPS e dalle casse di previdenza professionali ai lavoratori iscritti e che hanno versato un certo numero di contributi per un certo numero di anni. Per questi lavoratori quell’assegno costituisce una integrazione del reddito professionale ridotto per la diminuita capacità lavorativa ed i costi sostenuti a causa di patologie che rendono meno “redditizie” le proprie attività lavorative. È quindi una prestazione previdenziale ben diversa nelle premesse, nelle finalità e negli importi rispetto alle pensioni dirette di anzianità e vecchiaia, riconosciute a chi cessa la propria attività.



 
© RIPRODUZIONE RISERVATA