Pecore, le chiamavano. «Dentro, sta il capraio con le pecore». Chi parla è un ragazzino minorenne, e indica il tugurio in cui sta avvenendo lo stupro di gruppo delle cuginette di 10 e 12 anni. Siamo tra i ruderi del centro sportivo del Parco Verde di Caivano, in un edificio abbandonato che le bambine definiscono «la capanna in vico dei tossici». Ma ci sono stati anche altri “set”: il campetto di calcio comunale e perfino un’isola ecologica.
Due mesi di violenze, giugno e luglio, sempre in pieno pomeriggio. «Abusi innumerevoli» dice la procura, che all’alba di ieri ha chiuso il cerchio delle indagini e inviato un imponete schieramento di carabinieri a eseguire nove mandati di cattura. Sono tutti ragazzini. E nei loro telefonini c’è tutto l’orrore di cui si sono resi responsabili. Video su video, uno anche trasmesso in diretta sulle chat.
Gli arrestati sono 7 minorenni tra i 14 e i 17 anni e due maggiorenni, di 18 e 19. Ecco il ritratto che ne fa il gip del tribunale per i minorenni di Napoli, Umberto Lucarelli, nell’ordinanza che ha disposto il trasferimento in carcere per otto e il collocamento in comunità per un altro: hanno agito con «brutale approfittamento di vittime deboli e in tenera età» e «con modalità subdole ai limiti della crudeltà».
Tutto gira di chat in chat. Finché il fratello di una delle vittime riceve questo messaggio su Instagram: «Apri gli occhi con tua sorella, ha dei video sporchi con dei ragazzi... io sono un tuo amico». E lì si scoperchia il vaso. I genitori denunciano, si muovono la magistratura e i carabinieri. E i riflettori si accendono sul degrado di Caivano.
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