Giancarlo Minniti, il riciclatore d'arte del centro storico di Napoli: «Così insegno l'arte del riciclo ai ragazzi napoletani»

«Ma basta gare tra ristoratori a chi fa la pizza migliore, chi fa la frittura migliore e chi fa il miglior cuoppo di pesce fritto»

Giancarlo Minniti, 61 anni
Giancarlo Minniti, 61 anni
di Antonio Folle
Mercoledì 20 Settembre 2023, 19:40 - Ultimo agg. 21 Settembre, 08:00
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Vico San Nicola a Nilo è uno dei tanti vicoli e vicoletti che si ramificano nel centro storico della città e che ne rappresentano, per molti versi, il vero cuore pulsante. Situato a pochi passi da San Gregorio Armeno e dal Decumano superiore, è però soffocato da pizzerie, paninoteche e attività dedicate al turismo che stanno lentamente snaturando il centro antico di Napoli. Eppure, nonostante le quotidiane difficoltà a sopravvivere in una città che si sta votando anima e corpo alla turistificazione di massa, a vico San Nicola a Nilo sopravvive da oltre vent'anni il Covo, un piccolo laboratorio d'artigianato dove Giancarlo Minniti, 61 anni, ogni giorno crea le sue opere d'arte. Più che un laboratorio di artigianato, in verità, il Covo di Minniti somiglia ad una vera e propria fucina di idee dove l'artigiano, quasi come un alchimista d'altri tempi, pensa, disegna e crea. 

La materia che Minniti trasforma fino a farla diventare lampade, orologi, sculture e, in generale, oggetti di arredo è banalissima: nient'altro che materiali di riciclo - spesso recuperati tra i cassonetti - come vecchi giocattoli semi distrutti, pezzi di fontane, ante di armadi e persino parti di automobili e di scooter destinati agli sfasciacarrozze. Una sorta di economia d'arte circolare che recupera, cura e trasforma materiali che, altrimenti, andrebbero ad accrescere la già grande quantità di rifiuti prodotta ogni giorni nella metropoli partenopea. 

E il risultato, a dispetto delle difficoltà e delle lotte affrontate dai piccoli artigiani per contrastare il caro-affitti, il caro-energia e, in generale, il caro-vita è tutt'altro che trascurabile: molte opere di Giancarlo Minniti sono state sposte al museo Madre ed hanno riscosso un ottimo successo da parte delle critiche.

E le opere dell'artigiano napoletano non sono solo apprezzate dai grandi critici dell'arte contemporanea. I lavori di Minniti trovano, infatti, grande apprezzamento tra i turisti che si fermano per fotografare ed acquistare qualche pezzo e, soprattutto, tra i ragazzi. Non di rado Minniti viene invitato nelle scuole del centro storico per esporre le sue opere e per avvicinare i ragazzi all'importante tema del riciclo, rendendoli partecipi e protagonisti di giornate dedicate all'artigianato creativo. 

«Tutto nasce una ventina di anni fa - ha spiegato Minniti - quando, accompagnando uno dei miei figli a scuola, raccolsi e recuperai un vecchio giocattolo abbandonato in strada. Da lì nacque l'idea del progetto di artigianato che sarebbe sfociato prima nel progetto Artonart e poi nel più recente progetto Ribiciclo, un progetto fondato sul riciclo e sui principi che questo concetto porta con sé. Il tutto prende vita nel mio laboratorio dove pezzi provenienti da auto, moto, scooter, lampadari, biciclette, aerei e navi, diventano delle opere, diventano componenti d’arredo. “Ribiciclo” molte volte è abbinato a dei lavori su commissione per mostre, eventi privati e pubblici, manifestazioni per la valorizzazione del territorio napoletano. Da queste attività artistiche ricavo donazioni che mi permettono di finanziare il Covo, la mia ricerca e la mia arte». 

L'artigiano, durante tutto il tempo dell'intervista, non ha staccato gli occhi dalle sue opere - le sue creature - nemmeno per un attimo, ammirandole e accarezzandole con amore e passione, come se fossero oggetti animati. Ma è proprio parlando di altre creature, quei ragazzi di Napoli a cui dedica una parte importante del suo tempo, che l'estroverso artista non riesce a nascondere un moto d'orgoglio. 

«Io, personalmente - racconta - cerco di insegnare ai ragazzi l’importanza del riciclo facendo dei laboratori dove, insieme, diamo vita a degli oggetti che possono tranquillamente sostituirsi a quelli di impronta e fattura industriale. Per loro e con loro, nel primo incontro, sono solito creare dei cestini per gettare le carte in classe. Invece di comprare i classici cestini di plastica reticolati li creiamo con dei fusti di birra alla spina di plastica. Questo è un esempio a loro molto vicino grazie al quale possono interagire concretamente e direttamente con il riciclo e con i suoi benefici. Il tutto ovviamente ha il fine di sensibilizzare ed avvicinare i ragazzi a questa buona usanza».

 

Da ormai qualche anno il centro storico di Napoli, a causa dell'abnorme espansione delle attività destinate al turismo, sta diventando sempre più invivibile per gli artigiani napoletani, quelli che per secoli hanno rappresentato la vera caratteristica della parte più antica del capoluogo partenopeo. Se si esclude San Gregorio Armeno, strada ancora - almeno in parte - tutelata dall'apertura di pizzerie e bar, gran parte dei Decumani sono stati letteralmente colonizzati, spingendo fuori attività ultradecennali - in qualche caso secolari - che non potevano competere con i grandi colossi dell'industria del turismo.

«Stiamo assistendo ad una gara tra ristoratori - afferma l'artista - che ha come oggetto chi fa la pizza migliore, chi fa la frittura migliore e chi fa il miglior cuoppo di pesce fritto. La maggior parte di queste attività fanno parte di grandi catene internazionali che stanno lentamente strangolando l'attività artigianale che ha sempre caratterizzato il centro storico di Napoli e che, per molti versi, è stato per secoli il suo marchio di fabbrica. Nonostante tutto - continua - i turisti che arrivano qui dimostrano di apprezzare il lavoro artigianale. Spesso si soffermano a scattare foto, a fare domande e portano via qualche pezzo dandoci così, oltre alla soddisfazione di vedere apprezzato il nostro lavoro, la possibilità di coprire le ingenti spese da sostenere per sopravvivere nel centro storico di Napoli. Da questo punto di vista - ha poi concluso - mi sento di rivolgere un appello alle istituzioni della città. Bisogna fare in modo di incentivare il turismo di qualità, disincentivando allo stesso tempo il turismo mordi e fuggi che non porta alcuna ricchezza a Napoli, una città che ha tanto bisogno dei suoi artigiani per non omologarsi a tutte le grandi città turistiche che sono tutte uguali e che somigliano ad immensi luna park ad uso e consumo di turisti distratti che non si accorgono nemmeno della bellezza che hanno sotto agli occhi».

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