Ragazzo ucciso a Napoli, l'autopsia: volto tumefatto, colpito con uno sgabello prima degli spari

Un video inchioda il killer: pistola alla cintola. Giovanbattista nel mirino perché difendeva un amico

Giovanbattista Cutolo
Giovanbattista Cutolo
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Lunedì 4 Settembre 2023, 23:00 - Ultimo agg. 5 Settembre, 18:13
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Non partecipa alla prima parte della rissa scatenata dai suoi amici maggiorenni. Non ha un ruolo attivo, sembra defilato, mentre uno dei suoi soci alza lo sgabello e lo scaraventa al volto del musicista. Assiste quasi compassato per una manciata di secondi, poi decide di agire. E la telecamera lo inquadra mentre si alza, mette la mano alla cintola dei pantaloni, estrae la pistola e fa fuoco a ripetizione. Tre volte. Un video passato al setaccio dagli uomini della Mobile del primo dirigente Alfredo Fabbrocini, che si focalizza sulla fase precedente agli spari: dopo aver estratto la pistola, il 16enne punta l’arma contro Giovanbattista Cutolo, che sta avendo la peggio, in quanto colpito ripetutamente al volto dai colpi di sedie brandite da almeno due aggressori. Fermiamo un attimo le immagini: il braccio del giovane assassino è teso e ad altezza d’uomo. Non spara in aria. Non usa la pistola per intimidire o per sedare la lite. Fa fuoco per uccidere, secondo quanto sostiene il gip del Tribunale dei minori che ha disposto il suo trasferimento a Nisida. La scena del primo colpo di pistola è chiara.

Poi la detonazione manda fuori uso la telecamera interna, per cui ciò che accade dopo è possibile capirlo dalle testimonianze. In sintesi, vengono esplosi altri due colpi, mentre la vittima fa alcuni passi in avanti, tenendo la mano sul petto, percorrendo qualche metro verso l’uscita del locale, prima di accasciarsi a terra. Una ricostruzione che sembra smentire quello che aveva dichiarato il minorenne al gip, in sede di interrogatorio di convalida. In sintesi, il 16enne aveva detto di aver ricevuto la pistola da un amico del locale (senza incolpare nessuno dei tre amici con cui era “sceso” dai Quartieri spagnoli); e ha anche sostenuto di aver agito per legittima difesa. Anche quest’ultima circostanza sembra essere completamente smentita dalle immagini. In che senso? Facciamo un passo indietro di qualche istante, quando è possibile comprendere la fase genetica della rissa. In una primissima fase, una ragazza chiede a uno dei soggetti all’esterno del locale di spostare il motorino, perché non era possibile il passaggio. 

Pochi attimi dopo, iniziano le provocazioni, all’interno del locale. Uno dei quattro (c’è il minore reo confesso del delitto Cutolo e tre maggiorenni) usa l’astuccio della maionese per spruzzarne il contenuto sulla testa di un appartenente alla comitiva di Giogiò. Non c’è una reazione violenta. Dalle immagini si capisce che il ragazzo si limita a chiedere spiegazioni. Inizia così una fase di tensione, con qualche spinta reciproca, fino a quando poi due del quartetto proveniente dai Quartieri iniziano a picchiare i propri interlocutori. Usano le sedie come spranga, mentre i ragazzi della comitiva di Giogiò si difendono alla men peggio. Fino a questo momento Giovanbattista Cutolo non si è mosso; e non è neppure al centro del pestaggio; non ha preso parte alla lite, sta defilato, nel tentativo di capire cosa stesse accadendo. Anche il suo assassino non sferra pugni e calci, resta fermo. A questo punto, Giovanbattista Cutolo si muove, nel tentativo di salvare un proprio amico, che stava avendo la peggio travolto dai colpi. È il momento in cui si consuma il dramma dell’assurdo e della violenza banale.

Giogiò è al centro della scena, incassa il grosso dei colpi, a cominciare dai colpi di sgabello, che probabilmente lo raggiungono al volto. Ed è a questo punto che il 16enne si muove, impugna la pistola, la punta ad altezza d’uomo, fa fuoco tre volte. Senza un motivo. 

 

Ma c’è un altro particolare destinato a risultare decisivo, ai fini della messa a fuoco della responsabilità degli altri tre maggiorenni che sono accanto all’assassino. Dalle immagini, appare chiaro che uno dei tre - dopo aver ascoltato gli spari - si tocca all’altezza del petto, evidentemente temendo di essere stato colpito; evidentemente rimasto sorpreso dall’uso della pistola da parte del minore. È una possibile conferma del fatto che non sapesse che il proprio amico fosse armato, facendo franare la ricostruzione secondo la quale la pistola sarebbe stata fatta circolare nel corso della rissa.

Video

Versioni ovviamente da approfondire alla luce di ricostruzioni balistiche, di testimonianze agli atti e di quanto ancora sarà in grado di raccontare l’indagato reo confesso dell’omicidio. Come è noto, al gip il 16enne ha ammesso di aver sparato, sostenendo di non aver capito di aver ammazzato un uomo. Ieri mattina, intanto, è iniziata l’autopsia. La famiglia del musicista ucciso ha nominato il penalista napoletano Claudio Botti, nel corso di una inchiesta condotta da due uffici: quello del pm dei Minori Francesco Regine; e quello del pm della Procura ordinaria Danilo De Simone, che indaga sul ruolo dei maggiorenni nel corso della rissa. Particolare choc che emerge da una primissima ricognizione: il volto di Giogiò era tumefatto, probabilmente dopo i colpi al viso da parte di chi brandiva uno sgabello del locale. 

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