Napoli, intervista al prefetto Pantalone:
«Napoli più sicura, ma non c'è pericolo zero»

Napoli, intervista al prefetto Pantalone: «Napoli più sicura, ma non c'è pericolo zero»
di Giuseppe Crimaldi
Venerdì 30 Dicembre 2016, 08:35 - Ultimo agg. 09:02
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«Nessun luogo, oggi, può considerarsi a rischio zero. Quando parliamo della minaccia terroristica, soprattutto alla luce dei fatti di Nizza e di Berlino, sappiamo che i pericoli esistono e vanno fronteggiati: per questo, anche a Napoli, è doveroso mantenere un livello di attenzione alto». Mancano solo ventiquattr'ore alla sera dell'ultimo dell'anno e piazza del Plebiscito è ancora un cantiere aperto: si montano i palchi e lungo i percorsi che tra qualche ora verranno battuti da un fiume di gente si installano i new jersey anti-intrusione. Il prefetto di Napoli Maria Gerarda Pantalone osserva dai vetri del suo studio al secondo piano: e anche domani sarà qui, a Palazzo di Governo, per verificare che tutto vada a posto, che i dispositivi messi a punto dal comitato per l'ordine pubblico lunedì scorso trovino puntuale attuazione.

Prefetto, è preoccupata?
«Non abbiamo elementi specifici tali da farci preoccupare. Tuttavia manteniamo degli standard di sicurezza elevati, e non potrebbe che essere così».

Verrano montati anche i metal detector per i controlli personali, come ha deciso il suo collega di Torino per le feste di piazza?
«Nulla vieta che si possano installare, anche se in linea di massima sia io che il questore, con il quale abbiamo a lungo parlato anche di questo, siamo contrari. È da vedere, ma va messo nel conto che una simile scelta creerebbe non pochi disagi, con file chilometriche e intasamenti. Abbiamo preferito optare per la logica dei filtraggi e prefiltraggi, con i «jersey» a scacchiera lungo il cui percorso il presidio delle forze dell'ordine sarà elevatissimo».

Quanti uomini delle forze dell'ordine saranno in strada la notte di San Silvestro?
«Circa ottocento, ai quali vanno ad aggiungersi quelli delle pattuglie normalmente previste in servizio».

Dall'osservatorio privilegiato che occupa lei ha sicuramente un quadro aggiornato e completo delle situazioni legate al rischio terrorismo in città. A Napoli c'è il rischio della presenza di cellule magari «dormienti»? O dei cosiddetti lupi solitari?
«Ovviamente nessuna città può dirsi esente da questi pericoli. Ma Napoli, rispetto ad altre metropoli, occupa una posizione secondaria di rischio e appare meno sovraesposta rispetto ad altre città».

Eppure il capoluogo campano è da sempre crocevia di tanti nordafricani, molti dei quali neppure mai censiti. Ed è, soprattutto, una centrale del traffico di documenti falsi.
«Il fenomeno è ben noto. Lo seguiamo e lo monitoriamo costantemente. Nell'ultimo rapporto che ho ricevuto dalla Questura vengono indicati specificamente anche una decina di Comuni dell'hinterland vesuviano che, oltre a Napoli, sono fortemente attenzionati dagli investigatori. Quanto poi al traffico di documenti falsi gestito da soggetti maghrebini mi sento di escludere ipotesi di favoreggiamento agli ambienti del radicalismo islamico. In ogni caso sì, il fenomeno esiste e a noi non sfugge».

Qual è la sua posizione rispetto a certi centri islamici e alle moschee non autorizzate? Possono diventare centri per la radicalizzazione e il fiancheggiamento dei terroristi?
«Anche su questo versante il monitoraggio è continuo. È vero, si è registrato ultimamente qualche caso di sede mascherata da centro culturale, e su questo continuano le indagini. Tuttavia mi sento di poter tranquillizzare anche su questo fronte. La Digos della Questura e il Ros dei carabinieri svolgono indagini approfondite e costanti. Diciamo che preoccupano decisamente di più, invece, le carceri: e anche a Napoli le celle rischiano di trasformarsi in centrali di radicalizzazione».

Lei è a Napoli ormai da due anni. Qual è l'aspetto di questa città che la preoccupa di più?
«Sicuramente la camorra.
E l'abbassamento dell'età di chi diventa protagonista. Mi preoccupa la capacità di rigenerazione dei quadri criminali che vedono sempre più coinvolti ragazzini e giovanissimi; e questo nonostante i colpi inferti dall'autorità giudiziaria, con arresti di boss e gregari, sequestri di patrimoni ed altro ancora. È evidente che per fronteggiare il fenomeno, oltre a un'attività di prevenzione e repressione, serve altro. Bisogna puntare su famiglia, servizi, istruzione e sociale. E poi i napoletani devono acquisire la consapevolezza di essere gli artefici della loro stessa sicurezza».
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