Al via il Laboratorio della Buona Notizia in carcere, esperimento di solidarietà

Al via il Laboratorio della Buona Notizia in carcere, esperimento di solidarietà
di Donatella Trotta
Sabato 27 Dicembre 2014, 22:03
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Daniela De Robert, giornalista del Tg2 da anni impegnata nel volontariato in carcere, le chiama «frontiere nascoste». Come gli asparagi selvatici, che - certo - costa più fatica scovarli, ma quando li assaggi non c’è proprio paragone con quei fascetti tutti uguali e insapori che trovi nei supermercati. Già, perché l’informazione nel sociale riserva lo stesso gusto, le stesse sorprese. Come le buone notizie, che i giornalisti cristiani aderenti all’UCSI (Unione cattolica stampa italiana, associazione nazionale con diramazioni regionali da oltre mezzo secolo) cercano da anni di valorizzare, senza clamore, con una molteplicità di progetti e iniziative in giro per l’Italia.



E ora che anche grandi quotidiani tendono a riscoprirle, le buone notizie, in questi tempi di crisi nei quali qualche lucina di speranza accesa nell’oceano mare di news nefaste non va certo disdegnata, ecco che dalla Puglia, in pieno periodo di festività natalizie, parte una sperimentazione significativa. Si chiama Carcere Lab, ed è il Laboratorio della Buona Notizia in carcere, ulteriore ampliamento di una iniziativa di rete (tra scuole, oratori, associazioni, comunità, parrocchie) promossa dai giornalisti cattolici dell’UCSI Puglia, presieduta da Enzo Quarto e già attiva con un suo sito www.buonanotizialab.it che ospiterà anche gli scritti dei detenuti.



Il progetto, ufficialmente avviato in questi giorni dopo la messa di Natale celebrata nel carcere di Bari dall’Arcivescovo di Bari-Bitonto, monsignor Francesco Cacucci, è in partenariato con l’Ufficio del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale e con il Consiglio Regionale della Puglia, e sarà gestito dal Circolo delle Comunicazioni sociali «Vito Maurogiovanni». Ma in che consiste l’iniziativa? «Il Laboratorio - spiega Enzo Quarto, giornalista Rai e scrittore - aspira ad educare alla buona notizia: è un tentativo di liberare chi osa raccontare il primato della persona sulla massa, del piccolo numero sui grandi numeri, dell’essere sull’avere dai ghetti delle rubriche buoniste, dagli spazi marginali riservati alle vicende edificanti, dalla quotidianità di un’informazione troppo urlata e omologante. Ha l’ambizione di far così rinascere la speranza in chi è recluso e può trovare qui la possibilità di far sentire la propria voce. Perciò il Laboratorio della Buona Notizia è costituito da una rete di laboratori diffusi sul territorio e in luoghi sociali, che possono nascere presso le scuole, oratori, associazioni, comunità, redazioni giornalistiche, parrocchie, i cui elaborati affluiscono al sito e trovano pubblicazione, dopo essere stati condivisi dalla redazione centrale sotto le supervisione professionale dei giornalisti dell’UCSI, aspirando a diventare così uno strumento di lavoro, un metodo e non un evento straordinario» aggiunge Quarto.



Con questi obiettivi, fedeli al dettato dell’articolo 27 della Costituzione, il Laboratorio parte in via sperimentale nel carcere di Bari per sei mesi, per poi diffondere l’esperienza tra i detenuti di tutti gli istituti penitenziari della Puglia. I risultati, si può già azzardare, non tarderanno a manifestarsi, come è già avvenuto in altre esperienze pilota, ad esempio, nel Napoletano: con i progetti dei comitati di lettura della Fondazione Premio Napoli negli istituti penitenziari, ideati dodici anni fa, o con la riuscita rassegna teatrale della Camera Penale di Napoli «Il Carcere Possibile» che raggruppa il migliore associazionismo di settore, o ancora con l’esperimento straordinario di poesia tra le detenute del carcere di Pozzuoli, portato avanti qualche anno fa dal gruppo di Soggettività femminile della Biblioteca Nazionale di Napoli e sfociato nel bel libro «Sopra di me è caduto il cielo» (Filema edizioni).



Tra gli articoli proposti da altri Laboratori della Buona Notizia provenienti da scuole e altre realtà sociali pugliesi, spiegano ancora i promotori dell’iniziativa, verranno pubblicate anche le testimonianze, i pareri, le idee dei detenuti, in accordo con l’Ufficio Stampa del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap), il Provveditorato agli Studi e la direzione della casa circondariale. Ma gli esempi, anche nel resto d’Italia, potrebbero moltiplicarsi. In una delle ultime preziose puntate di Report, allargando lo sguardo all’estero Milena Gabanelli ha mostrato quali traguardi (e risparmi pubblici) considerevoli possano raggiungersi utilizzando i detenuti in lavori socialmente utili, addirittura con salari commisurati all’impegno. Del resto, a Bari è stato non a caso proprio un recluso, Giuseppe, a illustrare le finalità del progetto Carcere Lab, con una testimonianza che si commenta da sola: «Per chi non ha mai messo piede qua dentro - ha detto - non può immaginare quello che significa. Per chi non ci ha mai incontrati siamo ”solo“ detenuti: un’etichetta, un marchio difficile da cancellare. Ma noi, come gli altri, siamo prima di tutto persone. E, come gli altri, abbiamo i nostri pensieri, i nostri sentimenti. E anche qui c’è del buono. Questo laboratorio è per noi un’occasione di confronto dentro (e intendiamo dentro le mura, tra noi, così come dentro ciascuno di noi, in profondità) e fuori: per far arrivare la nostra voce là dove non immaginiamo nemmeno».



Gli fa eco monsignor Cacucci: «Con i giornalisti dell’UCSI - l’ha apostrofato l’Arcivescovo - da tempo ci stiamo occupando di accendere i riflettori su quelle notizie che fanno sensazione ma non perché sono cattive. Voi dal carcere ci sarete di grande aiuto in questo percorso. Con questo laboratorio e con l’aiuto del Garante, vogliamo coinvolgere tutto ciò che è fuori da queste mura, affinché non guardi a voi come a una categoria, ma come singole persone. La vostra partecipazione è per me un grande dono». Come lo spirito di carità solidale e concreta delle sette opere di misericordia, esaltate da Caravaggio nella celebre tela conservata a Napoli nella chiesa del Pio Monte della Misericordia.
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