«A Napoli sono a casa»: quel legame speciale di Vittorio Emanuele

I soggiorni a Villa Rosebery e l’opposizione di re Umberto alle nozze con Marina Doria

Vittorio Emanuele con Marina Doria all'hotel Vesuvio di Napoli
Vittorio Emanuele con Marina Doria all'hotel Vesuvio di Napoli
di Gigi Di Fiore
Sabato 3 Febbraio 2024, 23:00 - Ultimo agg. 5 Febbraio, 07:25
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Era nato a Napoli, alle 14.25 del 12 febbraio 1937. Principe di Napoli subito, con «camera prospiciente al mare» nel Palazzo reale, scrissero i giornali con il linguaggio aulico del tempo. Per la nascita di Vittorio Emanuele, piazza Plebiscito si riempì di folla. Dal balcone della reggia, si affacciò il padre Umberto, principe di Piemonte erede al trono, con accanto il ministro Gian Galeazzo Ciano e il presidente del Senato, Luigi Federzoni. Acclamazioni festose per l'annuncio dell’atto di nascita, sottoscritto dalle due personalità arrivate da Roma nella Sala di Coligny al primo piano del Palazzo reale. Era il figlio maschio dell’erede al trono e, per l’occasione, il capo del governo Benito Mussolini concesse l’amnistia ai detenuti. Iniziò così la vita napoletana del principino, che sarebbe rimasto per tre anni in città. Ricordi sbiaditi, fino all'inizio della guerra nel 1940 quando il principe Umberto e la moglie Maria Josè si trasferirono a Roma con i figli nati a Napoli: Maria Pia, Maria Gabriella e il coccolatissimo Vittorio Emanuele. Era iniziato così il legame di Vittorio Emanuele con Napoli. Sarebbe rimasto sempre principe di Napoli per decisione del padre Umberto che, negli anni dell'esilio, contrario alla sua scelta di sposare Marina Doria, non gli volle mai concedere il titolo di principe di Piemonte che spettava ai Savoia eredi al trono.

Napoli restò come stimmate nobiliari. Sbiaditi i ricordi di villa Rosebery, residenza posillipina di mare dei Savoia, dove la madre, regina per un mese, Maria Josè aveva vissuto momenti sereni nei nove anni di permanenza napoletana fino al 1940. Di sfuggita, il 5 giugno 1946, Vittorio Emanuele passò nella città dove era nato. Giorno memorabile nella storia dei Savoia, ma soprattutto dell'Italia. Il referendum istituzionale dava ragione alla Repubblica e Maria Josè, regina ancora per poche ore, anticipò con i suoi quattro figli la partenza del marito. Arrivarono in aereo da Roma, poi breve passaggio a villa Rosebery per poche ore e trasferimento successivo sull'incrociatore «Duca degli Abruzzi». Alle 5.45 del mattino, l'addio da Napoli e dall'Italia. A nove anni, il principe mai diventato re lasciò l'Italia. Per 56 anni sarebbe vissuto in esilio. A Napoli era nato, a Napoli salutava l'Italia. «Di Napoli, ho poi solo letto e visto in televisione. Tanti racconti li ho raccolti da amici napoletani», dichiarò Vittorio Emanuele. Uno dei più assidui era Arturo Barone, napoletano trasferito per lavoro a Ginevra, che frequentava il principe e gli descriveva le impressioni dopo le sue fiondate a Napoli e dintorni. Era un'idea vaga, e sfocata nei ricordi, di una città che prendeva corpo solo in articoli di giornali e immagini cinematografiche. Ma non fu certo casuale la scelta di ricominciare in Italia proprio da Napoli, al ritorno dall'esilio dopo la revoca del divieto costituzionale imposto ai maschi dei Savoia eredi al trono.

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Era il marzo del 2003. Dal dicembre 2002, Vittorio Emanuele poteva tornare in Italia. In tre mesi, era stato solo per poche ore in Vaticano. Poi la scelta: il vero rientro in Italia sarebbe stato a Napoli, sua città natale, dove aveva dato l'addio per l'esilio. Tre giorni intensi, da sabato 15 a lunedì 17 marzo. Arrivo in aereo privato a Capodichino, poi trasferimento all'hotel Vesuvio dove erano stati prenotati quattro interi piani, dal quinto all'ottavo. Vittorio Emanuele e la moglie Marina Doria si riservarono la suite 831 di 200 metri quadri, con favolosa vista sul mare. «Dopo il lungo esilio, il mio primo ritorno avrà una permanenza a Napoli troppo breve ma molto bella», dichiarò. Il programma era nutrito, le famiglie napoletane di discendenza nobiliare erano in fermento. Era partito da Napoli a 9 anni, vi tornava a 65 anni compiuti. Non fu tutto rose e fiori, per la clamorosa contestazione organizzata dal movimento neoborbonico fuori il Duomo e all'aeroporto di Capodichino. Ma le tappe che contavano trovarono sempre folla entusiasta e curiosa. Napoli non si smentiva, con la sua particolare attrazione per la gente famosa. Circolo Nazionale dell'Unione, Circolo Canottieri, Circolo Savoia: tappe di ricevimenti e incontri, compreso quello formale con la sindaca Rosa Russo Jervolino e il presidente della Regione, Antonio Bassolino. Serata al San Carlo, nel palco reale tra gli applausi, visita al Duomo e al tesoro di San Gennaro dove si conserva la pisside in oro regalato da Umberto II, ultimo re d'Italia. Non potevano mancare il Gambrinus e la pizzeria Brandi, con foto, speciali dolci e pizze particolari per un seguito di 120 persone. «Un caffè buonissimo, da prenderne di continuo» commentò al Gambrinus. Commozione a palazzo Reale dove era nato, ma San Gennaro non fece il miracolo fuori data, come già accaduto con Andrew Bertie priore dell'Ordine di Malta, quando il cardinale Michele Giordano tirò fuori le ampolle con il sangue. «Un grande onore lo stesso», si consolò. Lo rassicurò un cornetto portafortuna, regalo di Pippo Dalla Vecchia al circolo Savoia. Alla partenza, salutò così: «Tutti mi chiedono se ritornerò, ma io qui sono e mi sento a casa mia». Ma a differenza del figlio Emanuele Filiberto, a Napoli, dove la sua vita era iniziata, non sarebbe più tornato.