Arezzo, uccise la moglie Sara Ruschi e la suocera Brunetta Ridolfi: Jawad Hicham condannato all’ergastolo. Il figlio: «Lo speravo»

Un duplice delitto avvenuto nella notte tra il 12 e il 13 aprile scorsi ad Arezzo nell'appartamento di via San Lorentino, poco fuori il centro storico della città

Arezzo, uccise la moglie e la suocera: condannato all’ergastolo. Il figlio: «Lo speravo»
Arezzo, uccise la moglie e la suocera: condannato all’ergastolo. Il figlio: «Lo speravo»
Sabato 2 Dicembre 2023, 19:41 - Ultimo agg. 3 Dicembre, 08:33
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Ergastolo, per aver ucciso colpendola con una ventina di coltellate, la compagna, ferendo a morte anche la suocera. È la condanna inflitta oggi dalla corte d'assise di Arezzo a Jawad Hicham, 39 anni, marocchino, per l'omicidio di Sara Ruschi, 35 anni e della madre della donna, Brunetta Ridolfi, 76enne. Un duplice delitto avvenuto nella notte tra il 12 e il 13 aprile scorsi ad Arezzo nell'appartamento di via San Lorentino, poco fuori il centro storico della città, dove la coppia viveva con i due figli minorenni, un ragazzo di 17 anni e una bimba di 2, entrambi presenti nell'abitazione la notte degli omicidi. Proprio il figlio della vittima e dell'imputato, sempre presente in aula, dopo la sentenza ha espresso «sollievo» spiegando il perché con queste parole: «Pensavo che avrebbero dato una pena più bassa, di pochi anni, ma finalmente quello che avevamo sperato per diversi mesi lo hanno finalmente fatto».

Il processo

La condanna all' ergastolo era stata anche la richiesta del pm Marco Dioni che ha coordinato le indagini della polizia. Nella requisitoria pronunciata stamani l'accusa ha spiegato come la furia omicida dell'uomo scoppiò dopo una serie di messaggi scambiati per telefono con la moglie, che occupava un'altra stanza della casa, e poi degenerati in offese e infine nell'aggressione mortale costata la vita anche alla suocera, intervenuta per proteggere la 35enne.

Dopo averle entrambe colpite Jawad Hicham uscì poi dall'abitazione e raggiunta una cabina telefonica chiamò la polizia. La difesa dell'uomo aveva chiesto che il 39enne fosse sottoposto a perizia psichiatrica, istanza però rigettata dalla corte d'assise presieduta da Annamaria Loprete.

Nell'arringa finale l'avvocato Fiorella Bennati ha chiesto che non fosse riconosciuta l'aggravante del legame parentale e la possibilità di accedere al rito abbreviato. «Credo che fosse una sentenza annunciata - ha poi commentato detto Bennati - non c'era da sorprendersi. Rimango convinta della necessità della perizia». In aula il figlio 17enne, con il nonno e gli zii materni nonchè amici di famiglia che non lo hanno mai lasciato solo. Il nonno, apparso visibilmente provato, è rimasto in silenzio mentre lo zio materno ha parlato di «giustizia e di sentenza esemplare». Convinta della assoluta coerenza della corte la legale della famiglia Alessandra Panduri: «In questo caso la giustizia risponde alla legge. A nostro avviso la richiesta di perizia pischiatrica non poteva essere accolta». «Ora cerchiamo di andare avanti, è una bella giornata, che rende giustizia a Sara e Brunetta» ha concluso lo zio che, abbracciato il nipote, ha lasciato il Tribunale di Arezzo con il resto della famiglia.

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