Ubriaco al volante, muore l’amico
«Guidava lui»

Ubriaco al volante, muore l’amico «Guidava lui»
di ​Petronilla Carillo
Mercoledì 29 Giugno 2016, 08:23 - Ultimo agg. 11:06
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Guidava ubriaco e così ha ucciso l’amico che era seduto al suo fianco in auto. Proprio al suo amico, Fabrizio Di Luccio, aveva chiesto di poter provare la sua Smart for Two. Così, uscito indenne dall’incidente, non ha esitato neanche un attimo a spostare il corpo senza vita del ragazzo dal posto passeggero a quello conducente, per poi raccontare agli inquirenti che a guidare era Fabrizio. Una versione dei fatti, quella di Francesco Gennaro Russo, che non ha mai convinto in pieno gli inquirenti e neanche la famiglia del ragazzo morto che ha deciso di rivolgersi a Studio 3A, una società specializzata nella valutazione delle responsabilità civili e penali, per cercare di ricostruire con esattezza quanto accaduto. È così che a Russo è stato contestato il reato di omicidio colposo. Secondo il gip Elisabetta Boccassini, che ha fissato la prima udienza per questa mattina dinanzi al giudice monocratico Mariano Sorrentino, il vero responsabile della morte di Di Luccio è soltanto Russo. 

Agghiacciante la ricostruzione dei fatti secondo la Procura di Salerno, soprattutto per le modalità di depistaggio adottate da Russo che, all’epoca aveva solo 26 anni. L’incidente è del 13 aprile di due anni fa. Francesco, residente ad Albanella, e Fabrizio, di Capaccio, stanno rincasando dopo una sera trascorsa insieme. Francesco chiede all’amico di guidare la sua auto, ma ha bevuto (risulterà positivo all’alcoltest con un livello nel sangue di 1,35 g/l, quindi di molto superiore ai limiti di legge). I due ragazzi stanno percorrendo la Provinciale 175/A quando, in località Campolongo della Marina di Eboli, all’improvviso perde il controllo dell’auto ed esce fuori strada. L’auto si ribalta, carambola e finisce contro un parapetto in legno: le staccionate si spezzano e penetrano come lame nell’abitacolo colpendo Fabrizio. Francesco, invece, dopo un momento di sbandamento si rende subito conto che l’amico è morto e, sapendo di aver sbagliato, architetta il piano di depistaggio. Ma commette un errore: le staccionate in legno sono sul lato destro della Smart, e coincidono con le ferite riportate da Fabrizio il cui corpo senza vita, invece, è stato trovato lato conducente. Mentre sul corpo di Francesco vengono riscontrate contusioni compatibili con l’urto con il volante. Dettagli tecnici che sono poi confermati dalla testimonianza di un residente. Un uomo, corso in strada dopo aver sentito il rumore causato dall’auto che sbatteva contro la staccionata, ha difatti fornito ai carabinieri di Eboli, il pezzo mancante della vicenda: «ho visto un ragazzo prima scendere dal lato guida (…) e poi cercare di tirare fuori l’altro ragazzo, quello che poi è morto, dal lato dov’era sceso, e di coprire con una sciarpa il buco che aveva sul braccio, da cui usciva molto sangue». Fabrizio aveva 27 anni.
«Quello che hanno dovuto sopportare in questi due anni i genitori di Fabrizio è terribile – afferma il presidente di Studio 3A, Ermes Trovò – Non bastava la perdita di un figlio: hanno dovuto subire anche la profonda amarezza che gli sia stata addossata la colpa dell’accaduto. Il vero e unico responsabile dell’incidente non solo non ha nemmeno chiesto scusa, ma ha avuto anche il coraggio di scaricare la responsabilità sull’amico che ha ucciso: oggi il caso rientrerebbe appieno nelle fattispecie dell’omicidio stradale». 
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