«A sky full of stars», la magica notte dei Coldpay allo stadio Diego Armando Maradona. Quarantasettemila spettatori, un vero cielo di led illumina lo stadio, pronto a tingersi di azzurro, il colore della terra di Napoli.
«Grazie guagliune», chiede scusa Chris Martin per il suo napoletano «Ve vulimmo bene, noi abbiamo sognato da tanto tempo di cantare a Napoli e ci siamo allenati per 25 anni. Graziee dal profondo del mio cuore». Si sente il boato delle persone che acclamano la band, ringraziandola per aver provato con questo gesto a sentirsi parte di qualcosa di iù che stare su un palco a cantare: essere napoletani, sentirsi napoletani.
Poi Chris continua: «È un onore suonare nello stadio delle leggende e nella casa dei campioni».
Da «Yellow» alla famosissima «Fix you», passando per «Midnight» a «Humankind», un repertorio che strappa applausi e sorrisi. Poi all'imprrovviso parte «Napule è» di Pino Daniele. Per un attimo c'è il silenzio, sacro, di una folla che ascolta un inno sacro; poi cominciano tutti a cantare insieme al vocalist,con Davide Rossi al violino. «Napule è mille culure» davvero durante questa perfomance: i braccialetti fanno sentire il pubblico protagonista, ma è solo quell'im-perfetto dialetto partenopeo di Chris, il ricordo del Mascalzone latino a far infiammare i cuori dei napoletani.
Questo è il senso della musica. Forse i Coldplay non salveranno il mondo, ma hanno saputo divertire e abbracciare una cultura molto distante dalla loro, con quella capacità di trasformazione che solo l'eccezionallità di una grande band può raggiungere.