«Sono felice. Mi dispiace soltanto non essere qui con la band al completo e di non avere più i miei baffi, come 50 anni fa». Da ieri Nicholas Berkeley Mason, per tutti Nick, 79 anni, è cittadino di Pompei. Il batterista e cofondatore dei Pink Floyd riceve la cittadinanza onoraria dalle mani di Carmine Lo Sapio, sindaco della città dove la band inglese nel 1971 mise in scena uno dei film-concerto più celebri nella storia rock. Già nel 2018 David Gilmour era diventato «pompeiano»: «Ora manca solo Roger Waters, nell'ordine del prossimo consiglio comunale mettiamo la richiesta per la sua cittadinanza. E mi auguro che quel giorno torneranno insieme a esibirsi qui», promette il primo cittadino che ci tiene a consegnare l'attestato insieme a Gabriel Zuchtriegel, direttore del parco archeologico, a sottolineare la sinergia tra istituzioni. Quello tra il sito archeologico più famoso al mondo e una delle band più amate del pianeta è un connubio ormai inscindibile. Federico Vacalebre, capo della redazione «Spettacoli e Cultura» de «Il Mattino», nella lectio che introduce la celebrazione sottolinea: «Mettere nella stessa frase Pink Floyd e Pompei è diventato normale, quasi inevitabile, e permette di declinare al quadrato la grande bellezza o il concetto di classicità, perché oggi quel rock è classico».
Mason siede sotto il gonfalone della sua nuova città, ha gli occhi limpidi e un sorriso per tutti.
La sala è gremita nonostante il caldo. C'è il figlio di Matteo Apuzzo che nel 1971 organizzò i Pink Floyd at Pompeii. Ci sono i «ragazzi del 1971», ormai prossimi ai 70 anni, che c'erano durante le riprese di Adrian Maben (con cui Nick si saluta al telefono): «Riuscimmo a entrare perché mio padre era il custode degli scavi: resta memorabile la nostra partita a ping pong con Mason e Waters», racconta Giuseppe Acanfora che i baffi li ha conservati, come Silvestro Sorrentino che si fa firmare da Mason le bacchette della batteria. E non mancano fan della band venuti da diverse parti del mondo a strappare una foto o un autografo; come la trentenne Laura, dal Messico: «Ho unito la visita agli scavi a un sogno che cullavo da tempo, avere la firma di uno dei Pink Floyd sulla copertina originale di The dark side of the moon».