Zulù: ho fatto pace con me stesso

Zulù
Zulù
di Federico Vacalebre
Venerdì 1 Dicembre 2017, 17:56
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Ora che è dimagrito e ha preso gusto a correre, il guaglione curre curre persino più di un tempo. Luca Persico, lo Zulù dei 99 Posse, aveva pubblicato in marzo l’ep solista «S(u)ono questo, S(u)ono quello», ed ora ha fatto il bis con «Quant’ ne vuo’», raccogliendo poi sull’etichetta del collettivo i due lavori anche in formato fisico, cd e lp numerati, «Sono questo, sono quello - Quant’ ne vuo’», il titolo.
Tanta urgenza comunicativa, Luca?
«No, l’urgenza era quella di trovare nuovi suoni per il mio dj set, così che io possa andarmene in giro per serate anche quando ci prendiamo un periodo di libertà con i Posse. Così ho deciso di lavorare con D-Ross e Star-t-Uffo, ed è venuto fuori il primo ep, poi ho cercato un nuovo dj per lo show, ho contattato Dj Spike e... è venuto fuori il secondo ep».
Da «Reo confesso» a «Giuanne Palestina» e «Piantamola»: temi e stili del flow sono fedeli alla militanza di sempre. I suoni, invece, cambiano, si fanno a tratti ossessivi, digitalissimi, contemporanei.
«Diciamo che cerco suoni nuovi per mondi nuovi. Che cambia il mio sound perché sto cambiando io, anche se non ho nemmeno tutto gli strumenti per capire quanto, quando, come... Forse Luca ha semplicemente fatto la pace con se stesso, ha accettato le sue incoerenze, e di questo se n’è giovato anche Zulù».
La solita dicotomia tra uomo e artista, tra personale e politico?
«Certo, ma anche tra punk e hip hop, riflessione e voglia di sballarti, il mito autodistruttivo del rock e Totò che ci insegna l’eguaglianza, almeno in punto di morte, se non di fronte alla vita».
«’A livella» era uno dei punti forti di «S(u)ono questo, s(u)ono quello».
«Mi sento meno vecchio, devo aver fatto pace con qualcosa che mi scoppiava dentro, o forse ho accettato che ero già vecchio quando cantavo “Salario garantito”. Mi piace, comunque, poter passare da De Curtis a un ragamuffin, mostrare le mie radici napoletane e poi puntare su un internazionalismo che, prima ancora che politico, è sonico. Mi piace autocitarmi, nel senso che prendo strofe vecchie e le accorpo a quelle nuove, accorgendomi che certi versi non erano venuti prima solo perché autocastrato dalla forma canzone, dalla durata massima permessa».
Ci sarà un terzo ep da solista?
«No, ma tre pezzi almeno sono già pronti, non so che cosa ne farò, se vedranno la luce o meno. In fondo, ho sempre considerato i dischi come un momento preparatorio al live, anche in questo caso ho inciso pensando ai suoni possibili su un palco. E in tour - ieri era a Palermo, oggi sarà a Bolzano - faccio anche pezzi che sul cd non ci sono: uno di quelli di cui vado più fiero è una ripresa di “Cuore nero”, il pezzo dell’incontro con Franco Ricciardi, allora uno degli alfieri del movimento neomelodico. Ci presero per pazzi quando con i 99 Posse facemmo quella mossa, ora per tutti Franco è uno figo. Ecco, io ho rimesso le mani su quel pezzo che è diventato “Zero patan”. È persino più forte di allora».

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