Teatro San Carlo di Napoli, c'è «La Gioconda» per i 30 anni di carriera di Anna Netrebko

Il coreografo Vincent Chaillet racconta in anteprima la «danza delle ore» incastonata nell’opera di Ponchielli

Claudia D'Antonio e Salvatore Manzo nuovi primi ballerini
Claudia D'Antonio e Salvatore Manzo nuovi primi ballerini
di Donatella Longobardi
Venerdì 29 Marzo 2024, 07:21 - Ultimo agg. 30 Marzo, 09:07
4 Minuti di Lettura

Secondo le indicazioni del librettista Arrigo Boito, dodici ballerine devono rappresentare le ore e due ballerini le lancette dell'orologio. Nella «Danza delle ore», celebre intermezzo di «La Gioconda» di Ponchielli, opera attesa al San Carlo dal 7 aprile con una serata dedicata ai trent’anni di carriera di Anna Netrebko, succede qualcosa di diverso. «In effetti non rappresentiamo semplicemente le ore, tutto è basato su tre personaggi della commedia dell’arte: Arlecchino, Colombina e Pantalone. Intorno a loro girano sei coppie di ballerini», racconta Vincent Chaillet, quarant’anni, già primo ballerino all’Opera di Parigi e coreografo in carriera. È lui infatti che firma la coreografia prevista all’interno del nuovo allestimento con la regia di Romain Gilbert, le scene di Etienne Pluss e i costumi di Christian Lacroix, sul podio Pinchas Steinberg e un cast all star che vede al fianco della soprano russa nel ruolo del titolo e di Jonas Kaufmann come Enzo (entrambi in questi giorni impegnati al debutto nella stessa opera al Festival di Pasqua di Salisburgo con la direzione di Antonio Pappano e l’orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia), il Barnaba di Ludovic Tézier e la Laura Adorno di Anita Rachvelishvili. Spettacolo attesissimo, praticamente già sold out, sia per il nome eccellente degli interpreti sia per il fatto di essere rappresentato molto raramente, portato al successo da Maria Callas alla Scala negli anni Cinquanta. Spettacolo in cui mantiene la sua allure per gli appassionati il breve spazio destinato alla «Danza delle ore» eseguito da alcuni elementi della compagnia diretta da Clotilde Vayer che recentemente ha nominato due nuove étoile: Claudia D'Antonio e Salvatore Manzo

È così, Chaillet? 
«Certamente. È un brano iconico, che punta sopratutto sulle tre maschere per cui abbiamo scelto un doppio cast: Vittoria Bruno e Candida Sorrentino come Colombina, Alessandro Staiano e Pietro Valente come Pantalone e Salvatore Manzo e Carlo De Martino come Arlecchino».

Vuole spiegare meglio? 
«In effetti Arlecchino, Colombina e Pantalone rappresentano il triangolo classico, lui, lei, l'altro.

Ma in questo caso, c’è anche qualcosa in più. Rappresentano il conflitto sociale che contrappone la nobile Laura alla più povera Gioconda invano innamorata di Enzo e coinvolta in un terribile gioco dal perfido Barnaba».

In effetti la trama è molto complicata tra innamoramenti, tradimenti e svelamenti vari. 
«Sì, e qui, nella coreografia si ripete un po’ lo stesso dramma sociale che avviene nell’opera: Pantalone è ricco e invaghito di Colombina, lei è povera e ama Arlecchino...».

Come avete pensato a questi personaggi? 
«È una richiesta di Gilbert, ha voluto che questo spazio fosse un vero divertissement, un po’ come i balletti inseriti nel Grand-Opèra francese dell'Ottocento. In fondo è la trama stessa che lo prevede nel terzo atto: durante un ricevimento alla Ca’ d’Oro, Alvise Badoero, capo dell’inquisizione di Stato, intrattiene gli ospiti con un balletto».

Dunque nel vostro allestimento si vedranno Venezia, la Ca' d’Oro e tutto quanto previsto nel libretto? 
«Romain Gilbert non ama le trasposizioni. Anzi, è celebre la sua ultima fatica, una “Carmen” vista a Rouen, in cui ha meticolosamente ricopiato l’allestimento della prima parigina dell’opera di Bizet che nel 2025 compie 150 anni. Io ho collaborato con lui per i balletti, è stato un lavoro entusiasmante di cui s’è parlato molto, lo porteremo anche a Versailles».

Ma la sua è una coreografia di stile classico o cosa? 
«Per Arlecchino e Colombina è più classica, Pantalone si differenzia un po’, ha un carattere più neoclassico. Non dimentichiamo che hanno una maschera sul volto e quindi i personaggi sono delineati dai loro movimenti, non dalle espressioni del viso».

E la musica? 
«Quella, unica, fantastica, che ha fatto sognare tanti giovani danzatori. Non c'è nulla della pantomima che fece Disney in “Fantasia” facendo ballare struzzi sulle punte e ippopotami in tutù».

Questa è la sua prima volta a Napoli e al San Carlo, come si è trovato? 
«Non mi sono sentito solo: dai tempi di Parigi conoscevo il sovrintendente Lissner, il direttore del casting Ilias Tzempetonidis, la direttrice del balletto Clotilde Vayer. Sono venuto in città lo scorso anno per conoscere le caratteristiche della compagnia e ho trovato un gruppo molto preparato, professionisti seri che hanno lavorato con me per due settimane e contemporaneamente preparano per aprile il loro prossimo spettacolo, “Romeo e Giulietta”. Non è facile, ma con un po’ di volontà e organizzazione ce l'abbiamo fatta». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA