Si spezza il tampone, la figlia: «Urla contro mio padre malato»

Si spezza il tampone, la figlia: «Urla contro mio padre malato»
Si spezza il tampone, la figlia: «Urla contro mio padre malato»
di Monica Di PIllo
Giovedì 10 Dicembre 2020, 09:41
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Lamenta la scarsa umanità di alcuni sanitari delle Usca della Asl di Chieti, la figlia di un 88ene di Francavilla malato di Alzheimer, che ha subito l’intemperanza di un’operatrice che ha effettuato il tampone al padre e ha anche spezzato il tampone nel naso dell’anziano. «Mio padre che vive con me - racconta la donna -, purtroppo è anziano e gravemente malato, stava male da una settimana, mostrando tutti i sintomi del Covid-19, così il medico di famiglia ha richiesto il tampone. Viste le condizioni precarie di salute di mio padre, il nostro medico ha preferito attivare le Usca, che devo dire si sono mosse rapidamente. Però hanno dimostrato poca professionalità e ancora meno tatto con il mio anziano papà».

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Arrivati a casa della donna i sanitari delle Usca, che neppure hanno salutato i componenti della famiglia preoccupata per le condizioni di salute dell’anziano familiare, si sono subito mostrati scocciati di stare lì, come se fare il proprio dovere verso un paziente, seppur anziano, fosse una completa perdita di tempo. «Non solo la donna è arrivata a casa nostra - continua la figlia  - senza mostrare alcun cenno di umana comprensione nei confronti di mio padre, anziano, malato e molto spaventato, ma effettuando il tampone, gli ha spezzato l’asticella per prelevare il campione, nel naso. Mio padre è saltato in aria per il dolore, ma non ha ricevuto dalla donna né una parola di scuse né, tantomeno, una di conforto. Anzi, si è messa ad urlare e ad imprecare, perché sarebbe dovuta andare in macchina a prendere un nuovo tampone. Ora, io comprendo lo stress a cui i sanitari sono sottoposti, ma anche chi sta dall’altra parte è costretto a fare i conti con la malattia e pure con la paura di aver contratto il Covid, e nel caso delle persone anziane, di morire nella più totale solitudine.

Ho scritto una lettera alla direzione sanitaria della Asl di Chieti perché un simile episodio non si ripeta mai più». 

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