Strage del bus, dopo le condanne i familiari: «Pochi sei anni»

I parenti delle vittime hanno atteso il verdetto all'esterno del tribunale

Strage del bus, dopo le condanne i familiari: «Pochi sei anni»
Strage del bus, dopo le condanne i familiari: «Pochi sei anni»
di Alessandra Montalbetti
Venerdì 29 Settembre 2023, 09:16 - Ultimo agg. 10:02
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«Sono felice della condanna emessa per i vertici di Aspi perché è stata riconosciuta la loro colpevolezza, ma sei anni di reclusione sono pochi. In quei pochi secondi è stata distrutta la mia e la vita di mia figlia». Il commento alla sentenza di secondo grado emessa dalla Corte di Appello di Napoli per la Strage Acqualonga - che ha ribaltato in parte quella emessa in primo grado dal tribunale di Avellino - di Annalisa Caizzo (la mamma di Francesca la bimba di tre anni all'epoca dell'incidente avvenuto sull'A16, diventata tetraparesi spastica per le gravi lesioni riportate nella caduta del pullman dal viadotto dell'Acqualonga).

I giudici partenopei hanno condannato a sei anni di reclusione l'ex amministratore delegato Giovanni Castellucci di Autostrade, gli ex direttori Riccardo Mollo, Massimo Giulio Fornaci e Marco Perna (prima mandati assolti). Annalisa Caizzo la sera del 28 luglio del 2013 era sul pullman, seduta nella parte centrale del mezzo e racconta che «dopo la carambola con le auto il pullman si era fermato, nessuno aveva riportato alcuna ferita e se il new jersey fosse stato ben ancorato a terra e avesse retto all'urto, oggi saremo tutti vivi e mia figlia non sarebbe stata costretta a subire dieci interventi alla testa. Mia figlia è rinata dieci volte, ogni volta che la operano. Ora, dopo dieci anni, abbiamo dovuto sospendere le terapie perché è stanca e non regge più i ritmi». Anche il presidente dell'associazione Vittime dell'A16, Giuseppe Bruno è soddisfatto della condanna inflitta a vertici Aspi, mandanti assolti in primo grado, ma «è una sentenza che lascia l'amaro in bocca per la disparità di trattamento. È ingiusto che a Lametta siano stati confermati i 12 anni e a Ceriola i 9 anni di reclusione, mentre i vertici Aspi solo in secondo grado siano stati condannati a sei anni. È ingiusto perché se i new jersey fossero stati a norma tutto questo non sarebbe mai accaduto, quaranta persone non avrebbero perso la vita e i superstiti non dovrebbero sopportare le pene dell'inferno.

Per quanto non troviamo giusta questa sentenza, dobbiamo riconoscere che abbiamo avuto una giustizia a metà davanti ai giudici della Corte di Appello. Ma la vera condanna l'hanno subita le 40 vittime».

Il dispositivo di sentenza emesso dai giudici di Napoli non è stato accolto con favore neanche dai legali di Giovanni Castelli, ex Ad di Autostrade. «La sentenza a nostro avviso è una sentenza incomprensibile» ha dichiarato il suo difensore, il professore Alfonso Furgiuele. «Proporremo sicuramente ricorso». Sentenza non condivisa anche dal codifensore di Castellucci, la professoressa, Paola Severino che tra l'altro ha dichiarato: «L'ingegner Castellucci viene condannato dopo che il giudizio di primo grado ne aveva accertato l'innocenza. È difficile comprendere in cosa consisterebbe la colpa di Castellucci».

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Ora il processo approderà davanti ai giudici ermellini. I legali degli ex vertici di Aspi preannunciano di impugnare la sentenza emessa in secondo grado, davanti alla Corte di Cassazione. Una sentenza che mandò assolti l'ex amministratore delegato Giovanni Castelluccio e quattro funzionari di Aspi. A breve distanza dalla lettura del dispositivo di primo grado il processo subito approdò nuovamente davanti ai giudici della Corte di Appello di Napoli perché il procuratore capo della procura di Avellino, Rosario Cantelmo impugnò la sentenza di assoluzione. Il procuratore generale della Corte di Appello di Napoli, Stefania Buda invocò «condanne per tutti gli imputati, anche per quelli mandati assolti in primo grado».

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