Antico monastero, riflettori puntati sul futuro dopo il lungo oblio

La sindaca: "Il recupero della struttura deve tornare al centro dell'attenzione"

Il monastero di San Gennaro in Terranova
Il monastero di San Gennaro in Terranova
di Achille Mottola
Giovedì 18 Maggio 2023, 10:31
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Che ne sarà dell'antico monastero di San Gennaro in Terranova di San Martino Sannita, risalente al XV secolo, importante bene storico-architettonico oggi di proprietà dell'arcidiocesi beneventana? Il complesso monastico di pianta quadrangolare, con un ampio chiostro al cui centro c'è un pozzo di acqua sorgiva, sta cedendo sotto il peso dei secoli. Dopo il colpo di grazia del sisma del 1980 versa oggi in una condizione di abbandono totale, un ammasso di ruderi, mura scheletrite, in buona parte coperte di edere, di rovi e di erbacce, specialmente nei locali sotterranei.

«È ormai tempo afferma il sindaco Angela Martignetti - di riportare all'attenzione di tutti il recupero materiale e spirituale di questo antico e venerato luogo.

Abbiamo il dovere come comunità civile e religiosa di recuperare questo importante bene storico-architettonico e di restituirlo all'uso comunitario». Immerso in un contesto paesaggistico-ambientale suggestivo, già tenimento dell'abbazia di Montevergine, dopo essere stato centro propulsore di spiritualità e cultura, è oggi diroccato. Un luogo e tante storie da riscoprire, assieme ai tanti sentieri naturalistici del complesso collinare delle Surte sannite.

La fondazione del cenobio verginiano si fa risalire ai tempi di fra Domenico di San Mango, divenutone poi abate e rettore nel 1506. Il monastero in terra sannita è punto nevralgico per la stessa abbazia di Montevergine, così come testimoniano le antiche platee. Costituite da mappe acquerellate dei possedimenti dell'abbazia, accompagnate dai relativi inventari dei beni immobili e redatte dai cosiddetti agrimensori, le platee possono essere definite a tutti gli effetti, con linguaggio moderno, un catasto. Con tale documentazione, unita a quella relativa ai libri contabili, la congregazione verginiana poteva prendere visione della consistenza dei propri beni e, allo stesso tempo, tutelarsi da possibili rivendicazioni di natura territoriale o economica.

«La platea del monastero di San Gennaro in Terranova, - scrive Giovanni Schiavone - la cui datazione è riferibile al biennio 1757-1759, è conservata presso l'archivio della biblioteca statale di Loreto di Mercogliano. Tale monastero, grazie al rapporto di dipendenza diretta in alcuni periodi della sua esistenza con l'abbazia di Montevergine, è fra tutti i monasteri verginiani quello che presenta una considerevole documentazione per quanto riguarda le sue vicende». La platea «de beni, stabeli, rendite, censi, e redditi del Real Monistero di San Gennaro di Terranova» è redatta dal notaio e agrimensore Laurentium Chiavelli.

Il cenobio ha ospitato importanti figure di monaci: ancora oggi sembrano risuonare le loro voci nell'antico chiostro, direttamente collegato con la chiesa, all'ora dei vespri, quando, indossata la cocolla, si recavano nel coro per l'ufficio divino. Una comunità monastica fervida e attenta nell'osservanza della regola benedettina dell'«ora et labora» che ha tenuto per anni accesa la fiaccola del culto mariano, sulla matrice tracciata da San Guglielmo da Vercelli. Vi è stato di comunità quel padre Lucio Maria De Marino (1912-1992), ritenuto il «secondo fondatore del risorto Goleto» presso Sant'Angelo dei Lombardi. Questi ottenne nel 1973 di lasciare Terranova e di poter risiedere come eremita al Goleto. In tanti, ancora oggi, lo ricordano come uomo di profonda spiritualità e di squisita accoglienza, teneramente devoto a Mamma Schiavona. L'ultima presenza dei monaci di Montevergine è stata quella di padre Isidoro Valentino che lasciò Terranova nel 1988, tornando a Montevergine.
 

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