Attivista gay ucciso e fatto a pezzi,
ergastolo per il ras di Ponticelli

Ucciso, ergastolo a De Turris: armò il marinaio
Ucciso, ergastolo a De Turris: armò il marinaio
di Marilù Musto
Mercoledì 22 Maggio 2019, 05:30 - Ultimo agg. 16:35
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Carcere a vita per Francesco De Turris, isolamento diurno per un anno e risarcimento di danni alla famiglia della vittima pari a 100 mila euro, ma solo in via provvisoria, in attesa del risarcimento che sarà richiesto in sede civile. Questi i tre punti della sentenza letta in aula dal presidente della seconda sezione della corte di Assise di Napoli, Alfonso Barbarano nei confronti dell’uomo che fornì la pistola calibro 7,65 all’ex militare di Marina, Ciro Guarente, per uccidere ad Aversa nel 2017 Vincenzo Ruggiero di soli 25 anni. Il ragazzo, attivista gay, venne poi fatto a pezzi in un garage di Ponticelli nell’estate del 2017 e sciolto nell'acido. Francesco De Turris, 53 anni, presunto «capetto» di piccola stazza del quartiere Ponticelli a Napoli, ieri ha ascoltato la lettura del dispositivo in silenzio.

Per volontà delle forze dell’ordine, ieri, i familiari sono stati disposti nella stanza degli spettatori in alto, mentre i parenti di Vincenzo si trovavano in fondo all’aula. «Questo verdetto non mi ridarà mio figlio, ma si è esaudito il mio primo desiderio di giustizia terrena», ha scritto su Facebook la madre di Vincenzo, Maria Esposito, rappresentata in aula dal legale Luca Cerchia. Un altro tassello si aggiunge alla verità processuale già sancita con la condanna all’ergastolo di Ciro Guarente, emessa nel settembre del 2018, nonostante il rito abbreviato.


Ma mentre la posizione dell’ex marinaio era piuttosto chiara - lo incastravano le immagini delle telecamere di via Boccaccio ad Aversa - il coinvolgimento di Francesco De Turris è stato ricostruito durante il dibattimento in corte di Assise. In più, sono state portate in udienza alcune intercettazioni telefoniche del presunto «capetto» di Ponticelli, registrate tra il 6 e l’8 luglio, giorno in cui era scomparso Vincenzo. Quest’ultimo, bellissimo attivista arcobaleno di Parete, viveva con Heven Grimaldi. E proprio la convivenza ad Aversa fra Heven e Vincenzo non era stata digerita da Ciro, compagno da dieci anni della trans polacca Heven. La gelosia il movente dell’omicidio di Vincenzo, ammazzato nell’appartamento di via Boccaccio con colpi di pistola e poi ricoperto di cemento in un garage di Ponticelli. I tabulati telefonici forniti dalla procura di Napoli nord con a capo Francesco Greco avevano registrato decine di scambi tra Ciro e Francesco, contatti che si erano intensificati il giorno in cui Vincenzo era scomparso.
Poco prima, Ciro avrebbe detto a Francesco De Turris: «Devo litigare con uno che sta dando fastidio alla mia fidanzata, anzi lo devo proprio ammazzare». Il marinaio, per la verità, un’arma se l’era già procurata: una calibro 22. Ma De Turris gli aveva detto che con quel piccolo revolver poteva uccidere solo «le lucertole». Così, prese per sé la 22 e gli donò una 7 e 65. Dopo aver ammazzato Vincenzo, Ciro riconsegnò la pistola a De Turris e quest’ultimo la smontò gettando i pezzi nei cassonetti della spazzatura. Il suo avvocato difensore, Armando Zollo, aveva chiesto ai giudici l’assoluzione perché il fatto non sussiste, ma la richiesta del pm Vittoria Petronella era stata ben diversa. Così come quella dell’avvocato della parte civile, Luca Cerchia: l’ergastolo. Istanza accolta in pieno dai giudici. 
Francesco De Turris, 53 anni, a Ponticelli pare fosse considerato uno spacciatore di cocaina, ma i clan di Ponticelli non l’avevano mai «autorizzato» a vendere la droga, tant’è che qualche anno fa gli spezzarono una gamba. La punizione degli sgarristi dei De Micco, però, non spense la sua brama di «potere». Ora, aspetterà la motivazione della sentenza dietro le sbarre.
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