Pene per quasi mezzo secolo sono state inflitte dai giudici del tribunale di Santa Maria Capua Vetere al processo che vede imputate 6 persone con l'accusa di estorsione aggravata dal metodo camorristico. Accolta, in buona sostanza, la requisitoria del pubblico ministero Armando Bosso della procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, co-delegato per la procura antimafia.
Nel processo spiccava il nome di Michele Aria, ex cutoliano, ritenuto dagli inquirenti un esponente del clan dei Casalesi nella zona di Teano, coimputato con i due figli e altre tre uomini, tutti arrestati poco più di due anni fa dagli agenti della Squadra Mobile di Caserta.
I due, insieme ai complici sotto processo imponevano sul territorio la loro «legge» con la forza intimidatrice del clan dei Casalesi. Nel processo, fra l'altro, c'è l'episodio del concessionario d'auto della zona vittima di estorsione, al quale il gruppo avrebbe provato a incendiare l'attività quando l'imprenditore cessò di pagare il rateo estorsivo. La vittima, secondo le indagini, pagava 300 euro al mese ad Aria, ma ad un certo punto non è riuscito più a mantenere l'impegno. Gli imputati allora gli avrebbero chiesto di mettersi a posto pagando tre rate da 1500 euro ma non è riuscito a «onorare» il pizzo. Sarebbero così iniziate le minacce, quindi gli atti intimidatori e i pestaggi: il concessionario, costretto a noleggiare gratuitamente le auto agli indagati, sarebbe stato infatti picchiato con le mazze da baseball davanti ai clienti, ma per evitare prove la banda avrebbe anche danneggiato il sistema di videosorveglianza della concessionaria.
La vittima, convocata dalla Squadra Mobile che già indagava sul gruppo di Aria, ha poi denunciato i fatti. Gli inquirenti hanno scoperto altre due estorsioni consumate dal gruppo, tra cui quella ai danni di un allevatore di cani. La sentenza, a causa di alcuni rinvii tecnici, è arrivata dopo qualche mese dall'udienza dello scorso 18 ottobre in cui fu pronunciata la requisitoria.