Camorra e incendi ai negozi, condanne per Aria e i figli

Gli inquirenti hanno scoperto altre due estorsioni consumate dal gruppo, tra cui quella ai danni di un allevatore di cani

Carabinieri al lavoro
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di Biagio Salvati
Giovedì 26 Gennaio 2023, 07:49
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Pene per quasi mezzo secolo sono state inflitte dai giudici del tribunale di Santa Maria Capua Vetere al processo che vede imputate 6 persone con l'accusa di estorsione aggravata dal metodo camorristico. Accolta, in buona sostanza, la requisitoria del pubblico ministero Armando Bosso della procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, co-delegato per la procura antimafia.


Nel processo spiccava il nome di Michele Aria, ex cutoliano, ritenuto dagli inquirenti un esponente del clan dei Casalesi nella zona di Teano, coimputato con i due figli e altre tre uomini, tutti arrestati poco più di due anni fa dagli agenti della Squadra Mobile di Caserta.

L'indagine della Dda (pm antimafia Simona Belluccio) è sfociata in un processo portato a termine da giudici del collegio giudicante del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presieduto dal magistrato Luciana Crisci. Le condanne vanno dai 5 anni e otto mesi ai 10 anni: pena quest'ultima comminata, con l'applicazione della continuazione per un secondo reato, proprio a Michele Aria mentre ha beneficiato delle attenuanti il figlio Michele Aria Jr., condannato a 5 anni e otto mesi. Rilevanti le altre condanne che hanno riguardato l'altro figlio del capostipite, Armando Aria (8 anni e quattro mesi); Paride Corso (8 anni); Francesco Faella (7 anni e dieci mesi) e Lorenzo Corbisiero (7 anni e quattro mesi). Aria, stando alle indagini della polizia, si muoveva con un altro affiliato, Salvatore Salerno (già condannato con rito abbreviato), ritenuto referente a Teano del clan Papa, cosca storicamente federata con i Casalesi.


I due, insieme ai complici sotto processo imponevano sul territorio la loro «legge» con la forza intimidatrice del clan dei Casalesi. Nel processo, fra l'altro, c'è l'episodio del concessionario d'auto della zona vittima di estorsione, al quale il gruppo avrebbe provato a incendiare l'attività quando l'imprenditore cessò di pagare il rateo estorsivo. La vittima, secondo le indagini, pagava 300 euro al mese ad Aria, ma ad un certo punto non è riuscito più a mantenere l'impegno. Gli imputati allora gli avrebbero chiesto di mettersi a posto pagando tre rate da 1500 euro ma non è riuscito a «onorare» il pizzo. Sarebbero così iniziate le minacce, quindi gli atti intimidatori e i pestaggi: il concessionario, costretto a noleggiare gratuitamente le auto agli indagati, sarebbe stato infatti picchiato con le mazze da baseball davanti ai clienti, ma per evitare prove la banda avrebbe anche danneggiato il sistema di videosorveglianza della concessionaria.


La vittima, convocata dalla Squadra Mobile che già indagava sul gruppo di Aria, ha poi denunciato i fatti. Gli inquirenti hanno scoperto altre due estorsioni consumate dal gruppo, tra cui quella ai danni di un allevatore di cani. La sentenza, a causa di alcuni rinvii tecnici, è arrivata dopo qualche mese dall'udienza dello scorso 18 ottobre in cui fu pronunciata la requisitoria.
 

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