Cella angusta e puzzolente, così il detenuto esce prima

Maxi-sconto di pena (225 giorni) come risarcimento deciso dalla Cassazione

Due agenti penitenziari
Due agenti penitenziari
di Domenico Zampelli
Venerdì 10 Febbraio 2023, 07:41 - Ultimo agg. 16:53
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Sovraffollamento, aria irrespirabile, senza acqua potabile in cella. Sei anni così, nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, non solo danneggiano la salute, ma vanno contro il senso di umanità che deve contraddistinguere la detenzione. La Cassazione conferma così a titolo di risarcimento un maxi-sconto di pena (225 giorni) per un uomo recluso dal 2012 al 2018 nella casa circondariale sammaritana, confermando la statuizione del tribunale di Sorveglianza di Perugia e respingendo il ricorso proposto dal Ministero della giustizia. La normativa prevede che in questi casi scatti alternativamente un giorno di sconto pena ogni 10 ancora da espiare, oppure un indennizzo di otto euro al giorno.



Il tribunale del capoluogo umbro era stato chiamato a pronunciarsi perché il ricorrente (condannato per estorsione, rapina e detenzione di armi, difeso dall'avvocato Domenico Della Gatta) dopo la permanenza a Santa Maria era stato trasferito a Spoleto. A determinare il diritto al risarcimento del danno erano le problematiche legate all'acqua, all'aria, allo spazio a disposizione.

Nel primo caso è stato sottolineato che l'istituto di Santa Maria Capua Vetere non era collegato all'acquedotto comunale, e che quindi l'erogazione di acqua era possibile solo con il collegamento a due pozzi, con un impianto di potabilizzazione. L'Amministrazione aveva evidenziato la fornitura a tutti i detenuti di quattro litri di acqua minerale al giorno, ma non è bastato.

Ad aggravare il quadro la cattiva qualità dell'aria, per la vicinanza dell'istituto allo Stir, capace di rendere l'aria respirabile non salubre. Il tutto con poco spazio da condividere in cella: fino a cinque persone in 25 metri quadri o due persone in 12 metri quadri, il che non vuol dire 5 o 6 metri quadri ciascuno, ma molto meno se si considera che dalla misura va detratto lo spazio occupato dal bagno, dai letti e dagli arredi fissi, che porta la quantità di spazio utile a persona pericolosamente a ridosso della soglia minima individuale di tre metri quadri stabilita dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Da qui, lo sconto di pena «per le condizioni disumane e degradanti subìte durante la detenzione». In particolare, il tribunale ha ritenuto «l'inadeguatezza dell'offerta trattamentale in virtù della prolungata carenza di acqua potabile nelle celle e nel reparto unita a fattori ambientali pregiudizievoli per l'igiene e la salute quali la vicinanza del reparto ad una discarica di rifiuti. Posto che tali condizioni prosegue il provvedimento - si sono protratte nel tempo per la prolungata assenza di acqua potabile debbono ritenersi situazioni capaci di deteriorare la salute dei detenuti e il senso di umanità che deve contraddistinguere la detenzione».

Una decisione impugnata dal Ministero della giustizia con argomentazioni (riferite in particolare allo spazio disponibile e alla valutazione delle prove) che però non sono state accolte dalla Suprema Corte. Secondo il collegio della prima sezione (presidente Stefano Mogini, relatore Giorgio Poscia) nell'ordinanza impugnata, i vari aspetti «sono stati valutati, mediante motivazione adeguata e priva di vizi logici, ed è stato ritenuto - sulla base degli elementi acquisiti con l'istruttoria - che tanto la prolungata assenza di acqua potabile, quanto i fattori ambientali pregiudizievoli, erano situazioni capaci di deteriorare, da una parte, la salute dei detenuti e, dall'altra, il senso di umanità che deve contraddistinguere la detenzione».

Non una sentenza isolata, purtroppo. Ve ne sono già state due lo scorso anno (di accoglimento del ricorso) riferite a Santa Maria, e nei giorni scorsi gli ermellini hanno annullato una sentenza relativa al sovraffollamento nel carcere di Benevento e pronunciata del Tribunale di Sorveglianza di Napoli. Il provvedimento, che escludeva la sussistenza di uno spazio inferiore ai tre metri, non ha convinto il collegio della prima sezione (presidente Stefano Mogini, relatore Raffaello Magi) che ha annullato il provvedimento, sul quale il tribunale napoletano dovrà rideterminarsi.
 

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