Il gup di Napoli ha emesso tre condanne e altrettante assoluzioni nel processo abbreviato nato dall'indagine sulle piazze di spaccio gestite a Caserta dalla famiglia Della Ventura, ritenuta referente del clan camorristico Belforte di Marcianise.
Il magistrato ha inoltre rinviato a giudizio gli imputati che avevano optato per l'ordinario, tra cui quelli principali come Concetta Buonocore, moglie del boss Antonio Della Ventura, da anni ristretto al carcere duro, la figlia Maddalena e il genero Michele Maravita. Le condanne comminate vanno da due anni e quattro mesi (per il 33enne Ferruccio Coppola e il 37enne Umberto Giglio) a tre anni e dieci mesi (per il 36enne Paolo Cinotti) a fronte di richieste da parte dell'accusa, rappresentata dalla Dda di Napoli (sostituto Luigi Landolfi), ben più elevate (dagli 8 ai 12 anni); il gup ha inoltre escluso il reato associativo, riconoscendo i tre imputati colpevoli di singoli episodi di spaccio. Assolti, invece, Virginia Scalino, 37 anni (difesa da Domenico Di Stasio), il 31enne Antonio Vergone (difeso da Giuseppina Caporaso) e il 51enne Clemente Vergone (assistito da Alfonso Iovino).
L'operazione da cui è nato il processo scattò nel giugno dello scorso anno, quando i carabinieri arrestarono su ordine del Gip di Napoli la Buonocore e altre sei persone per associazione camorristica e traffico e spaccio di stupefacenti.
Dalle indagini è emerso anche che la Buonocore, vera «donna di camorra» più volte arrestata, avrebbe gestito il business dello spaccio anche mentre era ristretta in carcere. A differenza del marito recluso al 41bis e quindi impossibilitato a muoversi, la 58enne Buonocore godeva di maggiore libertà e dal carcere poteva impartire direttive ai parenti durante i colloqui.