«Siamo qui per conoscere non il Paese della mafia, ma quello dell'antimafia»: così Fabrice Rizzoli, docente di Geografia del crimine organizzato alla Scuola di alta formazione sugli studi e le politiche internazionali francese «Heip», in visita a Casal di Principe con una delegazione proveniente dalla Francia. Trenta persone, tra giornalisti, volontari e familiari di vittime della criminalità organizzata, in particolare del narcotraffico marsigliese, sono stati accolti ieri a «Casa don Diana», bene confiscato alla camorra gestito dal Comitato don Peppe Diana, proprio in prossimità del trentennale dell'omicidio del sacerdote ucciso il 19 marzo del 1994. «Il nostro viaggio nella provincia di Caserta nasce dall'intenzione di conoscere le buone prassi di economia sociale che qui sono state attuate innalzandosi a modello di eccellenza non solo nazionale ma europeo», sottolinea Rizzoli, fondatore dell'associazione Crim'HALT. Rizzoli è un profondo conoscitore della mafia italiana ma «gli esperti, in Francia, dovrebbero comprendere soprattutto l'importanza di conoscere l'antimafia e mi riferisco non solo alle leggi dice il docente ma anche al ruolo della società civile».
L'associazione francese ha già fatto tappa in passato in provincia di Caserta, per conoscere le esperienze di gestione dei beni confiscati e, sul modello italiano, ha lavorato affinché anche in Francia venisse previsto l'uso sociale degli immobili sottratti alla criminalità organizzata.
Anche i numeri sulla confisca dei beni evidenziano forti differenze tra i due Paesi: su cento beni sequestrati, in Francia solo 30 vengono confiscati, in Italia invece 60. Di questo si è parlato ieri a Casal di principe, dove si è tracciato il bilancio a trent'anni dall'uccisione di don Peppe Diana. «Abbiamo tenuto un workshop in una casa appartenuta a un camorrista che dava ordini di morte, questo deve essere tenuto nella giusta considerazione perché altrove non sarebbe stato così scontato», commenta Rizzoli, ricordando che nel 2023 a Marsiglia ci sono stati 55 omicidi legati al narcotraffico. Durante l'incontro il Comitato don Peppe Diana ha illustrato alla delegazione proprio il cammino compiuto da cittadini, associazioni e cooperative sociali che, partendo dai beni appartenuti ai clan, sono riusciti a trasformare le terre di camorra nelle cosiddette Terre di don Peppe Diana.