Di certo, quando presero quella borsa, non potevano immaginare che uno di loro l’avrebbe pagata con la vita. Il «ricatto», quella specie di cavallo di ritorno, finì invece in un bagno di sangue, con un morto e un ferito. Ché, la borsa di cui si appropriarono due nigeriani, residenti al Villaggio Coppola di Castel Volturno, conteneva la bellezza di 40mila euro di droga e, per restituirla, volevano duemila euro dagli affiliati al clan napoletano dei Sorianiello, egemone al rione Traiano. Soldi che i camorristi ovviamente non avevano alcuna intenzione di sborsare e infatti, dopo due «sopralluoghi», si presentarono armati a Castel Volturno e fecero fuoco contro i tre giovani nigeriani che avevano osato sfidarli. Uno morì, si chiamava Desmond Oviamwonyi, l’altro, Joe Morris Iadhosa, rimase ferito, mentre un terzo nigeriano, Leo, si diede alla macchia subito dopo l’agguato, avvenuto in via Brescia il 10 settembre del 2020. Di quelle vicende, che la Dda di Napoli ha inquadrato sotto i capi d’accusa di omicidio, tentato omicidio, porto e detenzione illegale di armi, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, tutti reati contestati con l’aggravante del metodo mafioso, risponde, tra gli altri, il presunto reggente del clan Sorianiello, Carmine Fenderico, trentuno anni, da pochi mesi alla guida del sodalizio. La reggenza del clan gli sarebbe stata affidata in seguito all’arresto, avvenuto nella primavera dello scorso anno, di Giuseppe Mazzacaro, che pure prese parte a uno dei tre «viaggi» a Castel Volturno, ma non all’agguato, e per il quale quindi non è stata disposta alcuna misura. Insieme a Fenderico sono invece finiti in carcere Raffaele Caprio (38 anni), ritenuto esecutore materiale dell’omicidio, Simone Cimarelli (25 anni), Francesco De Pasquale (21 anni) e Antonio Marra (31 anni), secondo i testimoni tutti presenti nel cortile in cui si svolsero i fatti.
Nei primi giorni del mese di settembre del 2020 Desmond Oviamwonyi e Leo Uwadiae andarono a disboscare un giardino al rione Traiano e trovarono, sotto terra, una busta piena di droga.
Come detto, dopo l’omicidio di Desmond, Leo si diede alla macchia. Era evidentemente preoccupato che i Sorianiello tornassero a «completare» il lavoro. Tre giorni dopo, però, i carabinieri (hanno lavorato all’inchiesta i militari dei comandi provinciali di Napoli e Caserta) lo rintracciarono a L’Aquila con parte della droga rubata. Fu interrogato e furono sentiti anche gli altri nigeriani sopravvissuti alla sparatoria. Riconobbero in foto gli autori della spedizione punitiva. Partirono le intercettazioni e furono sentiti diversi pentiti. È lo scheletro dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere spiccata dal gip Valentina Gallo su richiesta del sostituto procuratore Dda Giuseppina Loreto nei confronti dei cinque presunti responsabili dell’agguato che, nel «piano» del clan Sorianiello, doveva essere un massacro e, soprattutto, servire da «esempio» per chi avesse, in futuro, di nuovo sfidato il cartello. Che però, ad oggi, proprio in conseguenza di quel raid punitivo, si ritrova di nuovo senza un reggente visto l’arresto di Fenderico.