La droga rubata e lo sgarro al clan:
da Napoli l'ordine di uccidere i nigeriani

La droga rubata e lo sgarro al clan: da Napoli l'ordine di uccidere i nigeriani
di Mary Liguori
Martedì 27 Aprile 2021, 15:47 - Ultimo agg. 28 Aprile, 17:58
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Di certo, quando presero quella borsa, non potevano immaginare che uno di loro l’avrebbe pagata con la vita. Il «ricatto», quella specie di cavallo di ritorno, finì invece in un bagno di sangue, con un morto e un ferito. Ché, la borsa di cui si appropriarono due nigeriani, residenti al Villaggio Coppola di Castel Volturno, conteneva la bellezza di 40mila euro di droga e, per restituirla, volevano duemila euro dagli affiliati al clan napoletano dei Sorianiello, egemone al rione Traiano. Soldi che i camorristi ovviamente non avevano alcuna intenzione di sborsare e infatti, dopo due «sopralluoghi», si presentarono armati a Castel Volturno e fecero fuoco contro i tre giovani nigeriani che avevano osato sfidarli. Uno morì, si chiamava Desmond Oviamwonyi, l’altro, Joe Morris Iadhosa, rimase ferito, mentre un terzo nigeriano, Leo, si diede alla macchia subito dopo l’agguato, avvenuto in via Brescia il 10 settembre del 2020. Di quelle vicende, che la Dda di Napoli ha inquadrato sotto i capi d’accusa di omicidio, tentato omicidio, porto e detenzione illegale di armi, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, tutti reati contestati con l’aggravante del metodo mafioso, risponde, tra gli altri, il presunto reggente del clan Sorianiello, Carmine Fenderico, trentuno anni, da pochi mesi alla guida del sodalizio. La reggenza del clan gli sarebbe stata affidata in seguito all’arresto, avvenuto nella primavera dello scorso anno, di Giuseppe Mazzacaro, che pure prese parte a uno dei tre «viaggi» a Castel Volturno, ma non all’agguato, e per il quale quindi non è stata disposta alcuna misura. Insieme a Fenderico sono invece finiti in carcere Raffaele Caprio (38 anni), ritenuto esecutore materiale dell’omicidio, Simone Cimarelli (25 anni), Francesco De Pasquale (21 anni) e Antonio Marra (31 anni), secondo i testimoni tutti presenti nel cortile in cui si svolsero i fatti. 

Nei primi giorni del mese di settembre del 2020 Desmond Oviamwonyi e Leo Uwadiae andarono a disboscare un giardino al rione Traiano e trovarono, sotto terra, una busta piena di droga.

Se ne appropriarono: conteneva mezzo chilo di cocaina e due chili di marijuana, roba destinata alla piazza di spaccio «della 99», quartiere del rione Traiano, gestito dai Sorianiello. Un «affronto» che i napoletani non potevano «lasciar correre»: ne andava della loro «credibilità» agli occhi degli agguerritissimi rivali. Sono, quelli del rione Traiano, gruppi criminali effervescenti, dediti prevalentemente allo spaccio e pronti a tutto per far rispettare confini spesso delimitati da un marciapiede. Ne è la prova quanto avvenne cinque anni fa, quando i Sorianiello e i rivali del clan Tommaselli arrivarono allo scontro armato con la morte, tra gli altri, di «Fofò», Fortunato Sorianiello, figlio del capoclan Alfredo, ammazzato in un salone di barbiere. Era, dunque, ampiamente prevedibile che la risposta alla richiesta dei nigeriani, che pretendevano duemila euro per restituire il carico di droga, sarebbe arrivata con le armi. Ma forse né Desmond né Leo, tantomeno Joe che nella vicenda del furto di droga non c’entrava nulla, si resero conto di avere sfidato dei camorristi. Sta di fatto che dal rione Traiano partì l’ordine di colpire, e colpire duro, per evitare il ripetersi, in futuro, di situazioni simili. Bisognava «dare una lezione» esemplare ai nigeriani perché nessuno li emulasse in futuro col rischio, per i Sorianiello, di perdere la faccia. I killer andarono a Castel Volturno una prima volta, ma la spedizione punitiva andò a monte perché non trovarono i nigeriani. In occasione del secondo «viaggio», si incontrarono con i due ragazzi e finsero di accordarsi per la consegna dei duemila euro che sarebbe dovuta avvenire in un secondo momento. Nel pomeriggio del 10 settembre, però, anziché presentarsi col denaro, i Sorianiello si presentarono con una pistola 9 per 21. E, non appena i nigeriani chiarirono che avrebbero riconsegnato la busta con la cocaina solo dopo aver ricevuto i soldi, fecero fuoco. Furono sparati oltre venti colpi: Desmond rimase ucciso, Joe ferito gravemente lui che, però, col furto della droga, l’affronto al clan e le inevitabili conseguenze che ne derivarono, non c’entrava un bel niente. 

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Come detto, dopo l’omicidio di Desmond, Leo si diede alla macchia. Era evidentemente preoccupato che i Sorianiello tornassero a «completare» il lavoro. Tre giorni dopo, però, i carabinieri (hanno lavorato all’inchiesta i militari dei comandi provinciali di Napoli e Caserta) lo rintracciarono a L’Aquila con parte della droga rubata. Fu interrogato e furono sentiti anche gli altri nigeriani sopravvissuti alla sparatoria. Riconobbero in foto gli autori della spedizione punitiva. Partirono le intercettazioni e furono sentiti diversi pentiti. È lo scheletro dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere spiccata dal gip Valentina Gallo su richiesta del sostituto procuratore Dda Giuseppina Loreto nei confronti dei cinque presunti responsabili dell’agguato che, nel «piano» del clan Sorianiello, doveva essere un massacro e, soprattutto, servire da «esempio» per chi avesse, in futuro, di nuovo sfidato il cartello. Che però, ad oggi, proprio in conseguenza di quel raid punitivo, si ritrova di nuovo senza un reggente visto l’arresto di Fenderico. 

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