«Figli utilizzati per trasmettere
i messaggi, mogli complici»

«Figli utilizzati per trasmettere i messaggi al clan, mogli complici»
«Figli utilizzati per trasmettere i messaggi al clan, mogli complici»
di Marilù Musto
Giovedì 14 Dicembre 2017, 13:34 - Ultimo agg. 18:52
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Pasquale Zagaria, da detenuto, ha utilizzato i suoi figli minorenni per veicolare i messaggi da inviare al clan dei Casalesi. Questo il sospetto degli inquirenti, riassunto in una nota del ministero della Giustizia che ha ordinato il trasferimento di Pasquale, il fratello del boss Michele Zagaria, nel carcere di Sassari, al 41 bis. La casa circondariale più dura di tutte. Il fratello del capoclan con la vena imprenditoriale, è lì, in Sardegna. Prima si trovava a Cuneo. E proprio lì, durante i colloqui, era successo qualcosa che aveva fatto insospettire gli inquirenti.
La polizia penitenziaria aveva stilato una relazione che riguardava il comportamento di Pasquale Zagaria avuto nei confronti dei due ragazzi minori e aveva inviato gli atti alla Dda e al Ministero.
Dal palazzo di via Arenula era uscita fuori un’ordinanza: «Pasquale Zagaria si è appartato, senza una plausibile ragione, per alcuni minuti, all’interno dei bagni del carcere con i figli minori - si legge nella nota contenuta nell’ordinanza - condivisibile, quindi, la ricostruzione degli inquirenti secondo cui, in questo caso, Zagaria abbia utilizzato proprio i figli minori per veicolare agli altri familiari e, quindi, al resto del clan, messaggi di tipo criminale. Le intercettazioni sopra riportate testimoniavano, quindi, una piena consapevolezza in Francesca Linetti, la moglie di Pasquale, sulla sua censurabile condotta che realizzava nell’interesse degli Zagaria. La donna, proprio in virtù di tale consapevolezza, adottava delle precise cautele al fine di mascherare il suo ruolo agli inquirenti. Al riguardo si ribadisce che Francesca non aveva aderito nemmeno agli inviti dei legali, i quali, considerando che la stessa era già impegnata nei colloqui con il marito Pasquale, le avevano consigliato di non partecipare anche ai colloqui che si sarebbero svolti con il cognato Michele Zagaria». Fu così che venne ordinato, il 6 agosto del 2014, il trasferimento d’urgenza di Pasquale Zagaria, con la proroga del regime speciale del carcere duro.
«Pasquale Zagaria, nonostante le restrizioni in atto, continua però a mantenere rapporti con l’esterno del carcere, inviando e ricevendo messaggi - si legge - così come dimostrato dalle numerose missive che sono state trattenute e sottoposte a visto di censura del magistrato di Sorveglianza in quanto contenenti riferimenti criptici idonei a veicolare ordini e informazioni di carattere criminale. Lo stesso tenore di colloqui in carcere con i familiari appare sintomatico della sua volontà di veicolare all’esterno ordini e direttive. In proposito non solo alcune conversazioni sono apparse di interesse investigativo ma, di più, è apparsa particolarmente sospetta la circostanza che lo Zagaria si sia appartato, senza una plausibile ragione, per alcuni minuti – all’interno dei bagni del carcere – con i figli minori.
Condivisibile, quindi, la ricostruzione degli inquirenti secondo cui, in questo caso, lo Zagaria abbia utilizzato proprio i figli minori per veicolare agli altri familiari e, quindi, al resto del clan, messaggi di tipo criminale».
Pasquale Zagaria sarebbe dovuto uscire a breve, ma una condanna ha stroncato la possibilità di una sua scarcerazione imminente.

Ce l’ha fatta, invece, Carmine Zagaria, ora relegato a San Marcellino con la famiglia.

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