Casapesenna: il bunker dell'ex boss Zagaria diventa parco della legalità

La trasformazione in cinque mesi

Il parco della legalità a Casapesenna nell'ex bunker del boss Michele Zagaria
Il parco della legalità a Casapesenna nell'ex bunker del boss Michele Zagaria
Marilu Mustodi Marilù Musto
Venerdì 11 Agosto 2023, 08:59 - Ultimo agg. 16:54
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A febbraio il primo mattone era caduto fra gli applausi dei cittadini e del ministro dell'Interno. Oggi, la casa-rifugio di via Mascagni a Casapesenna di Michele Zagaria - simbolo di camorra e morte - è un parco con panchine e murales. Dell'edificio non è rimasto più nemmeno un filo di calce. Il sindaco Marcello De Rosa lo aveva promesso e lo ha fatto. Il cursus honorum della camorra si ferma qui, in una stradina cieca al confine con San Marcellino: dove un tempo c'era la villa che ha rappresentato la latitanza di 16 anni e più dell'ultimo capoclan dei Casalesi - catturato il 7 dicembre del 2011 a Casapesenna - ora ci sono un paio di polsi con le manette disegnati dai writer di Città Lab sulla parete, accanto alla bandiera dell'Italia. «Era doveroso lanciare un messaggio che in quest'area è stato catturato uno dei boss più pericolosi d'Europa e che lo Stato ha vinto», dice il primo cittadino di Casapesenna. «Chi ha contribuito all'arresto e alla riqualificazione di via Mascagni dovrà essere il protagonista dell'inaugurazione del parco della legalità - continua De Rosa - al centro della piazzetta ho fatto piantare un ulivo, segno di pace. È un luogo lontano dal centro del paese, ma spero che le famiglie e i bambini possano popolare presto questa zona. La memoria di ciò che è stato non deve andare persa».

Al taglio del nastro previsto a breve, saranno invitati il prefetto di Caserta, Giuseppe Castaldo, il ministro Matteo Piantedosi e il capo della polizia, Vittorio Pisani, oltre ai magistrati che hanno condannato il ras all'ergastolo. I lavori del parco sono stati eseguiti in tempi record; nemmeno l'appalto per dare una ritinteggiata a un'unica parete del Comune sarebbe stato più veloce. In cinque mesi Casapesenna ha visto l'abbattimento, lo smaltimento dei resti e la creazione di un piazzale su un terreno dove prima sorgeva una scatola-bunker con cemento armato. Michele Zagaria, qui, comunicava con un sistema di citofoni che riprendevano il sistema di comunicazione fra convogli di treni. Condannato all'ergastolo per omicidi di camorra, Zagaria è richiuso al 41 bis da 12 anni.

L'impresa di cancellare ogni traccia della sua presenza qui è costata 106mila euro, mentre il parco è stato finanziato in parte con il budget del Comune di Casapesenna. È bastato poco per dire molto. I murales sono stati eseguiti dall'associazione Cittàlab e su una parete accanto alle manette campeggia la scritta: «L'inizio di una nuova era. Il sindaco e l'amministrazione comunale 2023». Poi, accanto c'è «l'albero della speranza», come lo chiama De Rosa, i cui frutti sono concetti: diritti, legalità, riscatto, dignità ed etica.

Per il primo cittadino, al suo secondo mandato, si tratta di un risultato straordinario.

«È un segnale a chi resta ancorato ad alcune logiche criminali - continua il primo cittadino - la camorra e il malaffare non vincono mai. Devo dire che per lungo tempo c'è stata una potentissima lobby che non voleva che qui si muovesse foglia, a subirne gli attacchi sono stato anche io sotto vari punti di vista. Quel gruppo è stato smentito dai fatti e dalla buona magistratura. Intravedo in questa rinascita di via Mascagni anche una vittoria personale e della mia amministrazione contro il nulla». In città, però, ci sono ancora i fratelli del boss Zagaria, liberi di circolare in paese, scarcerati per fine pena o per motivi di salute. L'impero messo in piedi dal fratello Michele «capastorta» è crollato miseramente, ma per dieci anni il riutilizzo del bene confiscato ha segnato il passo.

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Venuta a galla la "lentezza" dopo una inchiesta de Il Mattino, si sono mosse le istituzioni locali e regionali nel 2022. Dopo il ritrovamento delle chiavi della villa-bunker c'è stata una corsa all'organizzazione dell'abbattimento della villa, confiscata in parte perché abusiva e per un procedimento penale a carico dei titolari, la famiglia Inquieto, che per anni ha ospitato il boss di Casapesenna in una casa sotterranea. La camorra dei Casalesi ha offuscato la narrazione giusta di un territorio, quello dell'Agro aversano e della provincia di Caserta, omettendo o aggiungendo particolari per precisa volontà, da oggi in poi ci sarà una nuova storia da raccontare ai bambini che popoleranno il parco sorto sulle macerie di un'archeologia mafiosa che non esiste più. 

 

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