Allarme per la crescita esponenziale del disagio sociale. Così, fa discutere molto il contributo economico straordinario di Pasqua messo in campo dal Comune: misure eccezionali, in favore di persone (48 beneficiari) che versano, anche temporaneamente, in stato di disagio economico, sociale e sanitario. Si respira un clima di emergenza: rispolverati i provvedimenti messi già in campo durante la fase acuta della pandemia. Investiti, con procedure d’urgenza, novemila e 300 euro. E scatta il dissenso dei patronati e dei sindacati contro la «cultura delle mance, dei provvedimenti tampone e dei rimedi in assenza di servizi».
I numeri valgono più delle opinioni: dopo aver superato la cifra record di 2.500 percettori del vecchio reddito di cittadinanza (il più alto in provincia in rapporto al numero di residenti) e dopo il boom di erogazione di carte solidali (acquisti di beni di prima necessità di circa 385 euro per oltre 1.900 famiglie), sono salite a quota 1.800 le persone aventi i requisiti per l’assegno di inclusione (Adi) che segue, dal primo gennaio, l’introduzione del supporto per la formazione e il lavoro (Sfl), partito lo scorso primo settembre.
Da qui la proposta forte di bloccare le erogazioni di contributi, sostituendoli con azioni alternative come le «convenzioni con le farmacie per erogare farmaci ai bisognosi; un sistema di monitoraggio e supporto per garantire il pagamento delle bollette per le forniture energetiche o dei canoni di locazione». Sono troppi gli invisibili senza risposte. La strategia del Comune non risolve. «È un atto giusto - conclude D’Angelo - che però produce discriminazione sociale. C’è un mondo del disagio silenzioso non rilevato da nessun indicatore. Formato, in larga parte di anziani, non autosufficienti con pensioni minime, travolti dal rincaro degli alimenti o dell’energia. Una situazione che affligge anche chi vive di lavoro povero o peggio di impieghi occasionali».