Il mago del contrabbando
con il reddito di cittadinanza

Il mago del contrabbando con il reddito di cittadinanza
di Mary Liguori
Giovedì 7 Novembre 2019, 14:43
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Poveri per il fisco, abbastanza indigenti da ricevere il reddito di cittadinanza e affidarsi a un tutor che poi avrebbe dovuto inserirli nel mondo del lavoro. Ma loro, un lavoro, ce lo avevano già ed era anche molto remunerativo. In più, con la tessera del reddito, arrotondavano. È scandalo tra Napoli e Caserta dopo il blitz della guardia di finanza della compagnia di Capua che ha tramortito il rinato business del contrabbando di sigarette. Scandalo, perché degli undici indagati, bloccati ieri dalle fiamme gialle dirette dal capitano Eliana Minoia, ben dieci percepivano il reddito di cittadinanza e, intanto, gestivano un grosso giro di bionde.
 
L’operazione «No smoking», coordinata dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere diretta da Maria Antonietta Troncone, ha messo in evidenza, ancora una volta, le brutture del sistema di riconoscimento del reddito che sta finendo in mano a pregiudicati come Antonio Verdone, di Crispano, arrestato ieri con l’accusa di essere il capo della gang di cui facevano parte i suoi figli, Salvatore e Franco, e Salvatore Colucci, tutti sottoposti al divieto di dimora in Campania, e Rachid Badri, Silvana Golino, Anna Muro, Felicia Merino Andrea e Antonio Sodano per i quali è invece scattato l’obbligo di firma. Gli indagati sono residenti tra Crispano, Frattamaggiore e Marcianise.
 
Verdone senior, un lungo curriculum da contrabbandiere alle spalle, ha 69 anni ed è di Crispano: è stato più volte arrestato in passato per traffico di sigarette, ciononostante percepiva il reddito di cittadinanza come i suoi figli. L’operazione della guardia di finanza, ci si augura, avrà come conseguenza anche l’interruzione dell’erogazione del sussidio. Il gruppo criminale che avrebbe capeggiato negli ultimi anni gestiva la vendita al dettaglio di sigarette, nelle province di Napoli e Caserta, in particolare e Marcianise. I tre depositi di Crispano: da qui partivano le auto staffette che portavano le bionde ai dettaglianti. Le indagini si sono avvalse di intercettazioni, pedinamenti, appostamenti. La maggior parte delle consegne avveniva su richiesta e con l’uso di telefoni intestati a prestanome. Secondo le fiamme gialle, oltre ad aver conseguito ingenti profitti derivanti dalla vendita delle sigarette di contrabbando, in alcuni casi gli indagati hanno anche omesso di dichiarare, nelle istanze presentate all’ Inps, il possesso di beni mobili, come potenti auto o immobili intestati ai componenti dei rispettivi nuclei familiari. 
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