I pestaggi nel carcere di Santa Maria: «Minacce ad agenti con olio bollente? No, lo abbiamo usato per gli spaghetti»

Continua il dibattimento

Un frame delle immagini delle violenze in carcere
Un frame delle immagini delle violenze in carcere
Giovedì 13 Luglio 2023, 08:52 - Ultimo agg. 15 Luglio, 09:33
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Momenti di tensione e agitazione al processo sui presunti pestaggi sui detenuti commessi dagli agenti penitenziari al carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020, all'ultima udienza in calendario prima di riprende dopo il 10 settembre. Ieri, il controesame della difesa ha ulteriormente demolito la credibilità del detenuto, vittima dei pestaggi, che già la volta scorsa era caduto in contraddizione più volte e farcito la sua testimonianza di non ricordo. Fino a chiamare in causa, come autore dei pestaggi, l'ex direttore regionale del Dap Antonio Fullone, mai presente in quella sezione e nel carcere durante le violenze.

Ieri il teste ha confessato di prendere psicofarmaci da molti anni, in quanto gli è stato diagnosticato uno sdoppiamento di personalità e una sindrome depressiva forte a causa della quale il detenuto ha tentato più volte il suicidio, oltre ad inghiottire sei lamette da barba di fila per evitare un trasferimento da un carcere all'altro. Nei video si vede il teste ricevere diverse botte, a mani nude e col manganello, e questo è un dato di fatto. Diversa è la capacità di identificare l'autore o gli autori delle violenze, cosa che, il detenuto non riesce a fare confondendosi provocando obiezioni dei difensori che gli ricordano quanto dichiarato nei verbali resi durante l'indagine al pm. In aula di Corte di Assise si parla della rivolta che scoppiò il giorno precedente dopo che si diffuse la notizia della positività al Covid di un detenuto, e che portò i vertici campani del Dap a disporre la perquisizione straordinaria degenerata in pestaggio a tappeto.

Video

Durante il controesame degli avvocati degli imputati, il detenuto dice «il 5 aprile fummo chiamati dall'ufficiale donna della penitenziaria, coordinatrice del reparto, che ci disse che se avessimo protestato pacificamente sarebbe venuto il magistrato». E rispondendo ad una domanda dell'avvocato Mariano Gaudio, se «qualche detenuto avesse le armi, o se qualcuno avesse minacciato gli agenti penitenziari con l'olio bollente», Esposito risponde con un: «Assolutamente no, l'olio lo usammo per cucinare spaghetti aglio e olio, e ce li mangiammo anche». Una testimonianza che smonta una delle affermazioni fatte dall'allora provveditore campano alle carceri Antonio Fullone (imputato). Il dirigente giustificò la perquisizione del 6 aprile come la necessità di trovare armi usate dai detenuti il giorno prima nel corso della protesta, indicando tra gli oggetti sequestrati nelle celle proprio pentolini con l'olio bollente. Il presidente della Corte d'Assise Roberto Donatiello, a un certo punto, è anche costretto a sospendere l'udienza a causa di una schermaglia tra l'avvocato Carlo Destavola e il procuratore Alessandro Milita.

Ieri il difensore di un agente, Angelo Bruno - accusato dal detenuto teste Ciro Esposito - ha mostrato il video in cui si vede l'agente che è più volte vicino al detenuto ma non commette alcun atto violento. Esposito però conferma: «Bruno mi ha colpito in cella dopo che gli ho consegnato il cellulare». La vicenda resta ancora una volta un giallo che probabilmente risolverà la Corte a fine processo. 

 

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