Uccisi perché erano nell'auto simile a quella del boss, condanne e lacrime al processo

Uccisi perché erano nell'auto simile a quella del boss, condanne e lacrime al processo
di Tina Cioffo
Mercoledì 16 Dicembre 2015, 11:58
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Si è appena conclusa l’udienza di rito abbreviato per il duplice omicidio di Pasquale Pagano e Paolo Coviello, uccisi, vittime innocenti, il 26 febbraio del 1992. Il pm Luigi Landolfi dinanzi alla 11esima Gip del Tribunale di Napoli ha chiesto 12 anni di carcere per Umberto Venosa, Raffaele Venosa, Pietro Paolo Venosa, Salvatore Venosa, tutti e quattro collaboratori di giustizia. Venti anni di galera è stata invece la richiesta per Vincenzo Carannante che ha già ammesso di aver commesso il fatto. La sentenza è prevista per le prime di ore del pomeriggio di oggi. Sono state intanto ammesse tutte le costituzioni di parte civile dei familiari di Pagano e Coviello «che -ha detto il pm Landolfi nella sua requisitoria- ebbero come unica colpa di trovarsi a bordo di un’auto simile a quella che veniva usata dal camorrista Alfredo Zara, vero bersaglio del commando di fuoco».

Pagano e Coviello furono vittime di un errore di persona da parte dei killer che avevano come reale obiettivo gli affiliati al clan di Francesco Schiavone alias Sandokan, Alfredo Zara e Domenico Frascogna. Pagano aveva due figlie ancora bambine. Coviello di 63 anni aveva figli poco più che adolescenti. L’indagine lo scorso maggio fu dei di Casal di Principe coordinati dal pm della DDA di Napoli, Giovanni Conzo a capo ora della Procura di Benevento.

I 13 familiari delle vittime costituitesi parte civile, otto di Pagano e cinque di Coviello, erano tutti presenti in aula stamattina ed hanno ascoltato ogni singola parola con grande attenzione, visto che attendevano questo momento da 23 anni. Tra le parti civile ammesse in giudizio stamattina anche il comune di Casal di Principe. Sebbene il duplice omicidio sia avvenuto a Casapesenna, il giudice ha ritenuto ammissibile la richiesta dell’ente per il danno di immagine causato al paese dalla condotta criminale del clan dei Casalesi. E’ stata esclusa invece, la richiesta della Fondazione Polis che pure aveva fatto istanza. In aula, il collaboratore Umberto Venosa ad un certo punto ha chiesto di intervenire e ammettendo la sua colpa, tra le lacrime, ha chiesto ai familiari di essere perdonato. La sentenza ristabilirà giustizia.
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