«Profilo» di San Leucio da mantenere intatto:
no alle colture di bachi alla Vaccheria

«Profilo» di San Leucio da mantenere intatto: no alle colture di bachi alla Vaccheria
di Domenico Zampelli
Martedì 22 Febbraio 2022, 07:57 - Ultimo agg. 23 Febbraio, 19:34
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Anche il Consiglio di Stato dice di no, tramonta il progetto di ripristino della coltivazione del baco da seta alla frazione Vaccheria, nei pressi del Real sito di San Leucio. Peccato. Una suggestione del passato che avrebbe rappresentato una scommessa del futuro. Ma tant'è. Dura lex, sed lex. L'intervento oggetto di giudizio era stato avviato nel 2018 e consisteva nel recupero organico di un fondo da destinarsi alla coltura del baco da seta, con opere di riporto e livellamento del terreno vegetale per migliorarne la destinazione agricola secondo la sua potenzialità (in questo caso storicamente accertata trattandosi del ripristino della coltura del baco da seta di borbonica memoria). In un primo momento l'area interessata era estesa oltre 15mila metri quadri, ma il Comune di Caserta aveva dichiarato improcedibile la Scia presentata sul presupposto che non fosse necessaria l'autorizzazione paesaggistica, e nel luglio 2018 aveva emesso un'ordinanza di ripristino, ritenendo che per l'intervento era necessario anche l'autorizzazione paesaggistica. A quel punto la società ideatrice del progetto non aveva voluto impugnare il provvedimento, preferendo piuttosto ridimensionare l'intervento, ridotto così ad un'area di soli 3.300 metri quadri, rispetto agli originari 15.404 metri quadri.

Ma l'iter aveva avuto comunque un'evoluzione negativa. Nel febbraio 2019, il Comune aveva comunicato il parere favorevole della commissione locale per il Paesaggio, poi trasmesso alla Soprintendenza. Che nel successivo mese di giugno aveva chiesto chiarimenti, oggetto di riscontro da parte del Comune. Successivamente la stessa Soprintendenza aveva chiesto ulteriori chiarimenti alla società, che aveva trasmesso una relazione integrativa, ritenuta però non esaustiva anche a seguito di ulteriore integrazione. All'esito del procedimento, quindi, Palazzo Castropignano, con nota del 1° settembre 2020, visto il parere negativo della Soprintendenza aveva dichiarato inammissibile la Scia ordinando per l'effetto il rispetto della precedente ordinanza di rimessione in pristino.

A questo punto era partito il contenzioso in sede giurisdizionale. Che però non ha visto accolte, né dalla sesta sezione del Tar Campania né dal Consiglio di Stato, le teorie della società ricorrente. Secondo la quale, in applicazione dell'articolo 14 del piano territoriale paesistico in zona Rua, le opere erano in generale ammesse e che, comunque, nello specifico non potevano essere vietate, anche in quanto non soggette ad autorizzazione paesaggistica, rientrando nell'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale.

Di conseguenza ben poteva essere modificato marginalmente il profilo del terreno per piantumare alberi di gelso. 

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Tanto marginale però questa modifica non è stata considerata. Partendo dal presupposto che la norma prescrive che «è vietata la modificazione di profili naturali del terreno» e prevede solo la possibilità di «interventi volti alla conservazione del verde agricolo residuale interventi per la ricostituzione del verde secondo l'applicazione di principi che rispettino i processi dinamico evolutivi e la potenzialità della vegetazione dell'area» secondo il collegio giudicante della sesta sezione di Palazzo Spada (presidente Giancarlo Montedoro, consiglieri Alessandro Maggio, Giordano Lamberti, Francesco De Luca e Thomas Mathà) «come già rilevato dal giudice di primo grado, l'intervento per cui è causa non può essere ricondotto alla conservazione del verde e alla sua ricostituzione, essendosi concretizzato anche in un'attività di livellamento del terreno, che ha implicato movimenti di terra, di riporto e riempimento (vedasi la relazione tecnica allegata all'istanza)». 

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