Uccisa con un colpo di fucile, la Cassazione: dubbi su 5 punti

I motivi del rinvio al Riesame

Francesca Compagnone
Francesca Compagnone
Marilu Mustodi Marilù Musto
Venerdì 8 Settembre 2023, 22:30
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Sono cinque i motivi che hanno indotto i consiglieri della Corte di Cassazione a rinviare gli atti al Riesame per una nuova valutazione sulla contestazione di “omicidio volontario” nei confronti di Vicol Ciprian, 23 anni di origini moldave. Fu lui a esplodere, il 26 ottobre, un colpo di fucile sul viso di Francesca Compagnone, la 28enne uccisa per un “gioco” finito male, stando alla versione di Vicol. La Procura di Santa Maria Capua Vetere ha sempre insistito sulla convinzione che quello di Francesca fosse un omicidio dettato dalla volontà, ma il tribunale distrettuale e il Riesame avevano poi rigettato la richiesta della Procura contestando solo l’omicidio colposo. Ora, è la Suprema Corte di Cassazione a sollevare dei dubbi sulla legittimità della scelta. Nella sentenza di Roma - presidente della prima sezione, Giacomo Rocchi - la Cassazione pone l’accento sulla circostanza del fucile lasciato incustodito: Vicol era consapevole o no del colpo in canna dopo aver tirato la manetta? Il primo dubbio sollevato si basa sulla circostanza che nella stanza dove c’era l’arma si trovavano anche delle cartucce «il che rendeva verosimile che il fucile fosse carico», scrivono i magistrati. Inoltre, fra i due c’era un rapporto clandestino che poneva Vicol «in difficoltà rispetto alla sua fidanzata ufficiale», elemento da non trascurare.

E poi, un’altra circostanza importante riguarderebbe la chat su WhatsApp fra i due ragazzi in cui risulterebbe palese «l’esistenza di una tensione in atto» fra Vicol e Francesca Compagnone. Dunque, i due ragazzi - lui di 23 e lei di 28 anni - avevano litigato. Un capitolo su cui la Cassazione si concentra è la versione inizialmente fornita da Vicol agli inquirenti circa la posizione assunta quando ha imbracciato l’arma, versione però smentita dagli esiti della consulenza tecnica della Procura di Santa Maria. In realtà, potrebbe esserci anche una seconda consulenza - semmai la dovesse chiedere - con le indagini difensive dell’imputato. Allo stato, però, non c’è. L’ultimo punto critico che analizza la Cassazione è la telefonata che l’assassino avrebbe fatto subito dopo il fatto. Prima di chiamare il 118, infatti, di 23enne si consultò con la madre. «Il tribunale avrebbe in modo acritico ritenuto credibile la versione dell’indagato con un esame solo parziale degli elementi di prova disponibili», scrive la Cassazione. Perché Vicol chiamò la madre? Cosa si dissero? Sulla base di questi interrogativi, il Riesame dovrà valutare gli atti in arrivo da Roma.
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