Doriforo di Stabia nel museo di Minneapolis, l'Italia blocca i prestiti

L'opera d'arte rubata dai tombaroli, poi rivenduta negli Stati Uniti che però non la restituiscono, nonostante i solleciti

Zuchtriegel e Fragliasso con la foto del Doriforo
Zuchtriegel e Fragliasso con la foto del Doriforo
Maria Pirrodi Maria Pirro
Sabato 24 Febbraio 2024, 21:21
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Un eroe, forse Achille o Teseo, che avanza con la lancia sulla spalla sinistra: nudo, imponente, alto più di due metri, scolpito nel marmo bianco. È il Doriforo di Stabia, la copia romana più preziosa dell'originale greco di Policleto (V secolo avanti Cristo, andato perduto, mentre un'altra replica è esposta al Mann), e sarebbe stato bello ammirarlo da vicino. Ma l'eroe dei due mondi non sarà di ritorno il 4 marzo nel museo di Castellammare in occasione dell'inaugurazione dell'allestimento rinnovato, tra i reperti in mostra per la prima volta e tra gli affreschi, i pavimenti, gli stucchi, le terrecotte e gli oggetti in bronzo e in ferro in parte già ospitati nell'Antiquarium. La statua, un tempo sistemata sulla collina di Varano, sepolta con Pompei ed Ercolano dall'eruzione del Vesuvio del 79 dC e poi rubata, resterà nel museo di Minneapolis.


Scoperta tra il 1975 e il 1976, la scultura è al centro di un complesso caso diplomatico-giudiziario al punto che il procuratore capo Nunzio Fragliasso ieri ha voluto lanciare un appello e in una conferenza trasmessa anche in diretta su YouTube ha chiesto «che se ne parli» perché «la vicenda non sia coperta dal silenzio come è stato per 40 anni».

La sua denuncia punta a sollecitare la restituzione dell'opera d'arte da parte degli Stati Uniti, dopo aver provato, con foto perizie e documenti alla mano, il «vecchio furto»; ottenuto un decreto di confisca da un giudice italiano; avviato, già due anni fa, una rogatoria internazionale per l'«operazione rimpatrio».


«L'ultimo sollecito risale al 15 dicembre: non ho ricevuto risposta», allarga le braccia il magistrato che elenca date e fatti salienti. Trafugato dai tombaroli e inseguito per anni, il Doriforo è ricomparso prima in Germania («Avvistato a Monaco di Baviera da uno studioso, e presentato proprio con la didascalia "Doriforo di Stabia"») e poi in Minnesota, passando per la Svizzera («Scomposto in quattro pezzi»).

Dal 1985 la statua è esposta nel museo di Minneapolis. Lì dove resta la principale attrazione. «Acquistato per 2,5 milioni di dollari, il prezzo più alto pagato per un reperto della collezione, la raffinata replica è in una sala dedicata. Ma è chiaro che rimetterla nel suo contesto avrebbe tutto un altro valore» interviene Gabriel Zuchtriegel, direttore del parco archeologico di Pompei che, esattamente un anno fa, è andato sul posto, in missione, inutilmente, per trovare un accordo. «Si è attivato anche il ministero della Cultura, ma la buona riuscita di una rogatoria dipende anche dai rapporti diplomatici», fa notare Fragliasso, che rimarca: «Perciò è necessario che se ne parli».

Non è solo questione di giustizia. Il direttore dei Musei statali, Massimo Osanna, ha deciso di negare al museo americano prestiti e collaborazioni, finché l'«eroe» non tornerà in patria. E, nell'attesa della svolta, la lotta contro i tombaroli, di ieri e di oggi, non finisce qui: si allarga dentro e fuori il parco archeologico, con 19 siti censiti, 3 sequestrati e un altro edificio abusivo da abbattere a Pompei.  


La conferenza è l'occasione anche per fare il punto sulle nuove scoperte nella villa di Civita Giuliana, pure depredata dagli scavi clandestini: tra i cunicoli è emerso un fabbricato di due piani con tracce del passaggio di un carro, «che doveva essere riccamente decorato», con i pannelli e un frontone di intonaco in IV stile, un grande portale (2,65 per 2,75) e una sorta di timpano a rilievo. E, ancora: a Villa dei Misteri, dopo la demolizione di un ristorante e di una casa abusivi, è stato individuato un muro perimetrale che appartiene al complesso inesplorato negli anni 1929-31. «Anche in quest'area è stata documentata la razzia dei tombaroli, trovando anche un piccone: inchieste e approfondimenti sono in corso», dice Zuchtriegel, che fa vedere al mondo le immagini dei danni irreparabili e i resti di un ulteriore edificio finora sconosciuto. «Una breccia porta a un criptoportico. Solo che non bisogna aspettarsi di rinvenire un nuovo ciclo di affreschi, ma locali servili: seppur non spettacolari, i primi risultati sono notevoli», conclude l'archeologo, quantificando in 800.000 euro la cifra necessaria per completare l'opera avviata quasi un secolo fa da Amedeo Maiuri, e annunciando l'intenzione di chiedere aiuto, sulla scia del celebre predecessore, anche alla Fondazione Banco Napoli.

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