Alessandro Baricco, “Abel. Un western metafisico” è il nuovo romanzo

Il gran ritorno dopo otto anni

Il ritorno di Alessandro Baricco
Il ritorno di Alessandro Baricco
di Generoso Picone
Mercoledì 8 Novembre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 9 Novembre, 07:30
5 Minuti di Lettura

Il giorno in cui divenne leggenda, Abel Crow aveva due certezze: di essere un ventisettenne a cui piaceva conquistare la gloria sparando secondo la tecnica del Mistico insegnatagli dal Maestro e di possedere pensieri che si disponevano in modo lineare da un prima a un dopo. Poi, da sceriffo della cittadina dell'Ovest, si ritrovò a fronteggiare i fratelli Roth appena usciti dalla banca sulla Main Street con il bottino della rapina e tre ostaggi come scudo, sentì una vibrazione e fece partire i colpi simultaneamente da due pistole incrociandoli verso due obiettivi diversi e ponendo lo sguardo su un terzo. Un proiettile però lo ferì e in quel momento capì che tutto quanto aveva vissuto fino ad allora «non sarebbe durato a lungo», che «un certo destino mi aspettava» e «non avrebbe lasciato in piedi nulla di tutta questa epica di merda».

Il racconto che riempie le pagine di Abel. Un western metafisico, il nuovo romanzo di Alessandro Baricco (Feltrinelli, pagine 160, euro 17) ruota su questa scena.

Si tratta della sequenza che contiene in chiave paradigmatica gli elementi fondanti di una vicenda articolata attraverso una successione di quadri visionari, paesaggi carichi di simboli e allegorie, tempi rimescolati e accelerazioni quasi allucinate: un romanzo in 27 capitoli come l'età di Abel all'atto della sua impresa - dalla struttura programmaticamente disallineata che finisce per sovvertire i codici di genere esplorando campi diversi e porsi ultimativi interrogativi di senso. «Accadevano cose, tutto lì, e lo smarrimento degli umani inclinava al pietoso stratagemma di regolare il traffico con questa storia che ci fossero delle cause e degli effetti, e che le prime generassero i secondi».

Così, a 8 anni di distanza dalla La sposa giovane, Baricco dà l'impressione di volersi confrontare, adoperando gli strumenti della scrittura letteraria, con temi sostanziali dell'esistenza e quindi riempire quello che lui ha definito «lo spazio bianco» apertosi nella sua vita dopo il trauma della pandemia, le crisi e i tormenti, la diagnosi e la cura della malattia di cui ha sofferto: per farlo consegna la trama a un flusso che si indirizza verso i territori dell'Infinito, dell'Intatto, dell'Adesso, del sacro, della paura, dell'origine, della fine, in uno spazio dove agiscono personaggi - Abel, i fratelli David, Isaac, Joshua e Samuel, la sorella Lilith, la compagna Hallelujah che rimandano alla fonte biblica fissata nella citazione da Giovanni, «In principio era il Verbo», e la stessa ambientazione nel West appare particolarmente adeguata.

È un non luogo dell'immaginario il West, l'Ovest, dei western -, ma costituisce anche la cifra della frontiera, cioè del confine delle terre conosciute e dell'affaccio sull'ignoto, tra la vita e la morte, il possibile e l'impossibile, il visibile e l'invisibile, la realtà e la fantasia. È un'area delineata dove direbbe il Francesco De Gregori di «Buffalo Bill» «il verde brillante della prateria dimostra in maniera lampante l'esistenza di Dio», delineata in base a determinazioni assolutamente metafisiche, nei termini di un esercizio teoretico che va alla ricerca di una verità.

Abel. Un western metafisico pure per questi motivi ha una storia non riassumibile e una trama profonda e sfuggente. Lo sceriffo pistolero, dopo aver perso il padre, assieme ai suoi organizza un piano per liberare la madre, arrestata con l'accusa di aver rubato uno stallone e condannata all'impiccagione. Nonostante la donna li abbia abbandonati da piccoli, i fratelli Crow vogliono salvarla e incroceranno cowboy e indiani, sciamani e avventurieri, medici e prostitute, demoni e fantasmi: la madre rappresenta la figura che custodisce l'inquietudine della tensione ontologica, «cerca il senso, la gerarchia, la logica, l'inizio e la fine».

Si rivela centrale del romanzo e per restituirla a sé e al mondo Abel s'imbatterà in magie e sparatorie, vicesceriffi i quali citano Voltaire e pistoleri che si affidano maldestramente a Hume. Un percorso punteggiato da filosofi e da una bruja che gli spiega perché non è ancora nato, è «solo un soffio di anima che non ha ancora trovato casa». Il tragitto per arrivarci ha il segno di un labirinto e conviene seguire la traccia di Aristotele, «uno dei primi a immaginare che qualcosa di ultimo dimori in ogni cosa reale», congiungendosi con le certezze della sapienza degli sciamani: «Ogni racconto, capimmo, non era che un capitolo di una lunga saga di cui a quanto pare facevamo parte». La parzialità nel tutto. La verità dell'Adesso dell'Infinito.

 

Alla scrittura narrativa non può restare che coglierlo. «Di tutta la vita che si è vissuta e si vivrà a saper aspettare, e prima che tutto si dissolva si incontra il racconto, in attimi speciali, sulla propria strada. È sbagliato aspettarsi qualcosa di lineare, come istintivamente si sarebbe portati a fare. Più facilmente, il racconto di quello che sei stato e che sarai ti viene incontro come una pelle chiazzata di bagliori pozzanghere lasciate indietro da un uragano in fuga. Vi si specchia il cielo». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA