Almanacco della canzone napoletana: festa o festival a Piedigrotta?

Le pagina più intriganti del libro sono quelle sulla Piedigrotta voluta nel 1920 da Alfredo Curatoli

Almanacco della canzone napoletana: festa o festival a Piedigrotta?
Almanacco della canzone napoletana: festa o festival a Piedigrotta?
Federico Vacalebredi Federico Vacalebre
Martedì 5 Settembre 2023, 10:03
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In realtà, Antonio Sciotti sta scrivendo un'enciclopedia di cantaNapoli a puntate. Sono, infatti, ormai oltre una decina i volumi che ha firmato per le edizioni Arturo Bascetta nella collana «Almanacco della canzone napoletana», passando dalle dive del fonografo ai divi della macchietta, dal Bovio editore alla melodia partenopea in America. Con piglio da topo di biblioteca, lo studioso-appassionato questa volta ricostruisce la Storia dei festival di Piedigrotta 1890-2010, e quel «festival» gli serve ad eliminare - o riservare a prossimi libri - le descrizioni storiche della «festa» erede di baccanali dionisiaci e priapistici di epoca greco-romana, come quelle delle Audizioni. La differenza? La prima era orgiastico rito di popolo, la seconda momento a porte chiuse di selezione editoriale. Il festival invece, è gara canora, pretende applausi e fischi, polemiche e accuse, un palcoscenico. Così, al centro del racconto non c'è la saga di «'O sole mio» con la sua leggendaria nascita a Odessa in perfetto stile fake news, ma la genesi, sviluppo ed eutanasia del primo festival della canzone in Italia.

Se la canzone nasce e prospera a Napoli, il festival della canzone, anzi «festivàl», non può, infatti, nascere altrove.

E, scrive bene Sciotti, il regolamento partenopeo, format si direbbe oggi, è, in fondo, quello ancora vigente a Sanremo. Sul fronte dei cattivi esempi, Piedigrotta ha tutto da insegnare a Sanremo, visto che sin dall'inizio i conflitti di interesse si sprecano, con giurati che sono anche autori, sia pur del calibro di Salvatore Di Giacomo, Ferdinando Russo, Roberto Bracco... 

Ma Sciotti, ricostruendo sera dopo sera, successo dopo successo, fiasco dopo fiasco, querelle dopo querelle, traccia una storia artistica che è anche storia di costume, sociale, economica. Tutto comincia, nel 1890 quando Mimì Aguglia, direttore di uno stabilimento balneare al Chiatamone, decide di dar vita al primo Festival di Piedigrotta, per lanciare «canzoni nove», inedite si direbbe oggi, ed il suo lido. Vince «'A stiratrice» di Ferdinando Russo, ma non lascia traccia, poi arrivano altri organizzatori e location (tra le più clamorose il Circo delle Varietà, futura redazione de «Il Mattino», e il Salone Margherita, insieme a gran parte dei cafè chantant teatri cittadini dell'epoca), sino a trovare nel 1893, finalmente, «Carcioffolà», della premiata ditta Di Giacomo-Di Capua, che si piazza seconda dietro l'oggi obliata «Io pe tte moro», ma si prepara a diventare un classico. Solo un paio di anni, nel 1895 e nel 1905, il responso della giuria corrisponde con quello del pubblico e con quelli dei posteri, decretando la vittoria, e l'immortalità canora, di «Ndringhete ndrà» di Cinquegrana e De Gregorio nel primo caso e di «Lily Kangy» nel secondo.

Tra plagi, autori che moltiplicano con gli pseudonimi i loro tentativi di avere più brani in gara e pastette di ogni tipo, nel 1897 «Sempe tu!» di Marvasi e Napoletano ha la meglio su «Sciuldezza bella» (Marsicani-Febbraio) e addirittura su «'A sirena» (Di Giacomo-Valente), destinate ad una vita ben più a lunga e onorata. Nel 1904 (Piedigrotta Tavola Rotonda) «Pusilleco addiruso» (Murolo-Gambardella) e addirittura «Torna a Surriento» (Giambattista ed Ernesto de Curtis) vengono battute da «Ve chiammate» (Murolo-Valente), due anni dopo sono ben tre - «Pusilleco Pusi'» (Murolo-Di Capua), «Tu sola» (Russo-Gambardella) e «Te vene a mmente?» (Giambattista ed Ernesto De Curtis) - i brani che si piazzano prima di «Comme facette mammeta» (Capaldo-Gambardella). 

Naturalmente con gli autori sfilano in passerella i primi interpreti di capolavori e obbrobri, da Amina Vargas a Diego Giannini, da Emilia Persico a Nicola Maldacea, da Elvira Donnarumma e Nina De Charny. E, altrettanto naturalmente, si giunge all'indecorosa fine della kermesse nelle mani della Rai: dopo l'intervallo per le due guerre, ed altri problemi ben meno seri, si riparte nel 1948 e si arriva sino al 1951 - che poi, guarda caso, è anche l'anno del primo Sanremo, mentre nel 52 spunta il Festival della canzone napoletana, (in)naturale sequel della Piedigrotta - ed ai frustrati tentativi di resurrezione, negli ultimi dei quali - 2007-2009 - si è trovato coinvolto anche il vostro scrivente.

Le pagina meno note, e più intriganti, del libro sono quelle sulla Piedigrotta voluta nel 1920 da Alfredo Curatoli, «Concorso fra le donne musiciste italiane». Femminili non solo le interpreti, ma anche le autrici: vince Maria Antonietta Spasiano con «Sulo pe' tte» (Olga De Cicco), l'insuccesso è netto e l'edizione resta più unica che rara. CantaNapoli è ancora maschilista oggi, figurarsi nel 1920. 

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