Antonio Scurati: «Il Duce mi perseguita, lo trovo pure a Procida»

Per la prima volta ospite sull'isola al festival della Gamberale

Antonio Scurati
Antonio Scurati
di Giovanni Chianelli
Domenica 11 Giugno 2023, 10:55
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Antonio Scurati pensava di arrivare sull'isola di Arturo e potersi concedere una tregua, dal lavoro al nuovo romanzo e soprattutto dal protagonista dei suoi ultimi successi letterari, il dittatore fascista Benito Mussolini: «Invece mi ha riagguantato anche qui». Lo scrittore è ospite di «Procida racconta», la rassegna ideata da Chiara Gamberale e organizzata dalla casa editrice Nutrimenti che da 7 anni porta sull'isola alcuni autori e li fa incontrare con le persone del posto; l'obiettivo è scrivere, al momento, racconti presi dalle storie che hanno ascoltato nei giorni di permanenza.

Quest'anno Scurati è in compagnia di colleghi come Viola Ardone, Daniele Mencarelli e Giulia Caminito, ma anche di un cantascrittore, Vasco Brondi, e di un poeta, Guido Catalano. Ieri la serata conclusiva della manifestazione con i sei autori (in cerca di personaggi, come recita il sottotitolo) a leggere in pubblico i loro lavori.

E così, quando proprio non se l'aspettava, Scurati si è ritrovato a incrociare i temi della tetralogia iniziata con M.

Il figlio del secolo (Bompiani), Premio Strega 2019, proseguita con altri due volumi e che l'anno prossimo vedrà la conclusione e l'approdo televisivo grazie alla serie tv per Sky diretta da Joe Wright. Un weekend di sorprese: lo scrittore nato a Napoli 54 anni fa è al debutto, sia nella rassegna che sull'isola.

Scurati, davvero non era mai stato a Procida?
«Sembra incredibile ma è così. La mia famiglia aveva un luogo fisso per la vacanze, Ravello, dove abbiamo casa, e all'epoca non concepivamo altra meta estiva. Sono un esordiente totale».

Eppure lei è uno scrittore napoletano.
«Non direi. A Napoli ci sono nato ma da quando ho un anno vivo al Nord, come il mio accento denuncia. Certo, ho madre partenopea e riconosco che l'estro viene da lei e da questa radice. Però non mi riconosco in una denominazione d'origine, e anche se mi fossi trovato a continuare a vivere sotto il Vesuvio l'etichetta di scrittore napoletano mi sarebbe stata stretta».

Perché?
«Intendiamoci, amo Napoli, ci vado spesso e adoro la sua atmosfera. Ma è un luogo che finisce per ghermire la materia narrata e chi la crea. In qualche modo lo sento che avviene anche per i musicisti, i registi, gli attori napoletani».

Invece Procida?
«Mi ha sorpreso la sua verità. Conosco bene Ischia e Capri, sono un habitué della costiera amalfitana, e la differenza salta agli occhi. Queste zone sono state stravolte dal turismo di massa, mentre a Procida si coglie subito una certa autenticità, un tratto ruvido e intatto. Nonostante sia ormai celebre, soprattutto dopo l'anno da capitale della cultura, conserva con orgoglio la sua personalità».

Le piace la formula di «Procida racconta»?
«Molto interessante e formativa per chi scrive. Mi piace che siano le persone che incontriamo i veri autori delle storie. Per una volta noi scrittori possiamo rilassarci e diventare poco più di un megafono. Una formula del genere ricorda uno dei compiti dei narratori, mettersi al servizio di una materia che ci preesiste e che siamo chiamati a trasmettere».

Di cosa ha parlato nel suo racconto?
«Ho conosciuto un cultore di storia locale che mi ha mostrato una lapide. Era di epoca fascista. Quella traccia mi ha portato alla scoperta di un aspetto che ignoravo: nel carcere di Palazzo D'Avalos furono reclusi alcuni gerarchi, restarono là anche dopo la fine del conflitto. Insomma, a Procida si è consumato uno degli ultimi atti della Seconda guerra mondiale: coincide con la parte finale del mio lavoro su Mussolini».

Una persecuzione?
«Quasi. Sognavo di concedermi una vacanza dal Duce e invece le prime cose in cui mi imbatto sono le parole che i procidani gli hanno dedicato, più questo seguito abbastanza clamoroso. Mussolini è riuscito ad acchiapparmi anche qua, c'è poco da fare, quando si sta tanto tempo su un personaggio prima o poi ti riacciuffa».

Di che cosa parla l'ultima parte della tetralogia?
«Proprio della guerra di cui il mio protagonista è uno dei principali responsabili, di ciò che oltre 20 anni prima aveva contribuito a mettere in moto. Il romanzo uscirà con ogni probabilità l'anno prossimo e se si rispetta la cadenza biennale che ho avuto finora, dovrebbe essere pubblicato in autunno. È un lavoraccio, ma molto gratificante».

Nel 2024 uscirà anche la serie tv ispirata ai suoi libri su Mussolini.
«Ancora non si sa se ad aprile o, come il libro, verso settembre. La prima stagione è divisa in 8 puntate, vedremo come andrà: se dovesse ricevere un certo riscontro lavoreremo a una seconda».

Come le sembra stia venendo l'adattamento?
«Partecipo anche come sceneggiatore: ho visto i primi minuti di girato e mi sembra fantastica. Sono sicuramente di parte, tuttavia resto fiducioso che sia obiettivamente un buon lavoro».

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