Gianrico Carofiglio, L'orizzonte della notte: «L'avvocato sul lettino, come la giustizia»

«In tutti i miei libri esiste questa dialettica tra la percezione dell'imperfezione del sistema, e l'ostinata, cocciuta determinazione per cercare comunque di farlo funzionare»

Gianrico Carofiglio
Gianrico Carofiglio
di Francesco Mannoni
Lunedì 26 Febbraio 2024, 07:00 - Ultimo agg. 27 Febbraio, 07:34
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Con L'orizzonte della notte (Einaudi, pagine 288, euro 18,50) torna in pista l'avvocato Guido Guerrieri, l'eroe riflessivo creato dallo scrittore Gianrico Carofiglio nel 2002. Nell'ottavo romanzo della serie, l'inchiesta giudiziaria su un'assassina va quasi di pari passo con quella personale del protagonista sul lettino dello psicanalista.

A Bari, la facoltosa signora Elvira Castell, uccide con un colpo di pistola il compagno della gemella dopo il suicidio della stessa, circuita e stressata sfacciatamente dal suddetto.

Guerrieri, nonostante la difficoltà del caso, assume la difesa della donna, traumatizzata tanto da risultare enigmatica anche agli occhi del suo stesso difensore.

Guerrieri ha dubbi sul suo mestiere. Perché?
«Guerrieri ha una fiducia critica nella giustizia, ed è sempre riluttante a forzarne le interpretazioni pur nella consapevolezza altrimenti sarebbe semplicemente un illuso - che è amministrata dagli uomini ed è perciò un sistema ampiamente imperfetto. In tutti i miei libri con protagonista l'avvocato esiste questa dialettica tra la percezione dell'imperfezione del sistema, e l'ostinata, cocciuta determinazione per cercare comunque di farlo funzionare. Proprio per questo scavando nel suo animo (e in quello dell'assistita) Guerrieri non si sta auto-processando (cosa che ha fatto molte volte in passato): vuole uscire da questa attitudine di giudizio su di sé, per procedere verso un'idea di accettazione, di tolleranza, di benevolenza. Guerrieri è un personaggio dall'emotività intensa: vive in modo assoluto tutte le emozioni e fino ad un certo punto cerca non dico di rimuoverle, ma di minimizzarle. Forse in questa storia più che nelle altre smette di svalutarle, le affronta e cerca di venire a patti. Una parte del suo viaggio interiore è proprio in questo passaggio».

La Castell va in carcere prima della condanna definitiva: una precauzione necessaria?
«Certamente è una precauzione necessaria. Ma essendo un materiale pericoloso va maneggiato con estrema circospezione, senza dimenticare mai che questo materiale sono gli esseri umani, che il ricorso alla detenzione prima della condanna deve essere un'eccezione».

Non sono chiacchiere da barbiere quelle che scambia con il suo barbiere.
«Quelle pagine sono una maniera non retorica per approfondire dati e fatti. Come il pregiudizio che tutti abbiamo per il diverso. C'è chi lo elabora e lo rende innocuo con la cultura, l'intelligenza, il senso civile. Ma, per renderlo davvero inoffensivo, è necessario capire che, come tante altre cose negative, il razzismo si annida dentro di noi».

Perché tanta avversione per gli immigrati?
«Ci sono molti fattori. Il problema è reale se certe forze politiche lo enfatizzano per farne materiale di propaganda. Andrebbe affrontato in maniera del tutto diversa, razionalizzando o legalizzando i flussi, nella consapevolezza che degli immigrati noi abbiamo bisogno e ne avremo sempre più bisogno nel futuro, in un Paese in cui gli anziani saranno sempre di più e i giovani sempre di meno. Bisognerebbe cambiare completamente paradigma: cominciare a organizzare consistenti flussi badando anche alla professionalità, alle competenze. E rendere trasparente la necessità, garantire l'arrivo di forze lavoro regolari tollerate, non guardate come un nemico che viene - come dicono alcuni con espressione profondamente razzista - a compiere una sostituzione etnica».

Nel finale, l'incontro occasionale di Guerrieri sul litorale marino barese con una donna che aveva conosciuto in passato, prelude a una ripresa, a una continuazione?
«Alla fine del viaggio, che è anche la fine del processo che ha atteso fremendo per la sentenza, e dopo tutto il travaglio interiore ed esteriore, quell'incontro casuale per Guerrieri è come vedere una luce, un altro orizzonte: una possibilità, la stessa che pervade tutto il romanzo. Anche nei momenti più difficili e cupi non dobbiamo dimenticare il diritto e il dovere di cercare un'altra possibilità e, in generale, il diritto alla felicità e alla giustizia. C'è una prospettiva fiduciosa nella vita, che non è un ottimismo banale - non lo sopporterei , ma un ottimismo morale». 

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