Chiara Valerio, Chi dice e chi tace: «Quei gossip di provincia»

«È un romanzo sulla tolleranza, che è difficile e ineludibile»

Chiara Valerio
Chiara Valerio
di Francesco Mannoni
Giovedì 22 Febbraio 2024, 07:00 - Ultimo agg. 17:21
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Chiara Valerio è al tredicesimo romanzo con Chi dice e chi tace (Sellerio, 276 pagine, 15 euro): «Volevo raccontare la storia d'amore tra due donne», ha spiegato lei stessa sui suoi canali social, «ma anche che il veleno e il farmaco dipendono dalla proporzione. Che un paese somiglia a una pianta e pensa come le radici sotto terra, invisibili». Ora, però, premette: «Non credo l'omosessualità sia il centro di questo libro».

La storia è ambientata a Scauri, paese sul mare ai confini del Lazio (poco più di settemila anime durante l'anno, cinquantamila d'estate), dove la quarantacinquenne scrittrice è nata.

Ed è la storia di una morte all'apparenza inspiegabile e di un avvocato pronto a tutto per risolvere il mistero. La morta è Vittoria: aperta, sorridente, soccorrevole, lavorava in una farmacia, giocava a carte con gli uomini al bar, sapeva districarsi in ogni situazione, amava il mare, era solarmente carismatica. La sua fine, annegata nella vasca da bagno (malore, suicidio o altro?) scuote Lea, giovane avvocato locale, marito e due figlie, simpatie politiche a sinistra. Lea l'ha sempre ammirata per il suo carattere giovale, la sua indipendenza, per quel fascino inspiegabile che emanava da lei come un nettare ubriacante. Decide di indagare, sapere chi era veramente la donna venuta da Roma vent'anni prima.

Al centro della storia i pettegolezzi di una comunità di paese. Come nascono?
«Quando ero bambina, a Scauri, tutti si preoccupavano moltissimo di ciò che diceva la gente. E percepivo una separazione tra la vita pubblica e la vita privata. I panni sporchi si lavavano in famiglia, e quando si usciva si indossava il vestito della festa. È su questa separazione tra pubblico e privato che si fonda l'interesse morboso alla base del gossip di provincia».

Che donna è Vittoria?
«Un personaggio in cui tutte e tutti possono identificarsi, anche perché tutte e tutti, volendo fare il bene, talvolta esercitano, senza accorgersene, solo il controllo. E il possesso».

Perché Scauri la accoglie bene, allora, se viveva da anticonformista, senza rispettare le regole dell'apparenza?
«Perché fa comodo. Perché è pittoresca. Perché nonostante venga solo da Roma sembra arrivi da un altro mondo. E come si scoprirà questo altro mondo da cui viene Vittoria che a Scauri chiamano Costantinopoli, per via di un'acacia nel giardino sono i soldi».

Cosa c'è dietro l'interesse di Lea per Vittoria? Desiderio represso?
«Lea capisce che la vita degli altri, di Vittoria in particolare, è un modo per comprendere la propria. Non rinnega la sua vita familiare o sociale, ma aggiunge una dimensione, e questa dimensione è il desiderio. E il desiderio è scomodo».

Poi c'è Mara, la giovane che Vittoria aveva portato con sè a Scauri. Per qualcuno era sua figlia, per altri...
«Mara fa la sua vita. Vittoria fa la sua vita. Lea fa la sua vita. Il romanzo racconta gli incroci di queste vite. Non è una vittima e non è una combattente. È una che cerca di immaginare un futuro in base al passato che ha».

Questo romanzo, è un insieme di misteri e rivelazioni in cui l'amore assume forme differenti pur conservando intatta l'anima dei sentimenti. Ma la nostra è una società matura per accettare certi cambiamenti?
«È un romanzo sulla tolleranza, che è difficile e ineludibile. Un libro sulle comunità che giudicano e accolgono. Sul compromesso la cui prima declinazione è che uno deve campare ma devono campare pure gli altri. Quando uno si innamora proietta una tale mole di aspettative sull'altro da annichilirlo. Lea si innamora di Vittoria, ma Vittoria è morta è dunque non può né ribellarsi, né essere schiacciata dalle aspettative». 

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