Salvatore Niffoi, Nate sotto una cattiva luna: «Sei gemelle per una vendetta»

Vendetta e castigo in Bargagia nell'ultimo romanzo dello scrittore sardo

Salvatore Niffoi
Salvatore Niffoi
di Francesco Mannoni
Mercoledì 10 Maggio 2023, 10:30
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Il forte senso di appartenenza alla sua Sardegna in Salvatore Niffoi è debordante e incline alla denuncia del disfattismo etico isolano anche nel suo ventiduesimo romanzo, Nate sotto una cattiva luna (La nave di Teseo, pagine 176, euro 19). «Quella compiuta dalle sei gemelle protagoniste del mio libro non è una vendetta», precisa lo scrittore di Orani vincitore del Super Campiello nel 2006, «ma l'imposizione di un atto di espiazione per il riscatto della memoria materna. Basilia Pistichinzu aveva sposato Venanzio Serathula sperando di dimenticare l'amore che l'aveva ammaliata ed esposta al ricatto di sei maschi violenti, imbestialiti dal sesso. Per salvare il suo onore, quello di suo marito e sfuggire alle maldicenze dovette sacrificarsi. E la notte di orrori nella grotta fuori del paese in balia di sei uomini che avevano sorpreso lei e Paska Bachile in intimità, non segnò solo il suo corpo: lo strazio le si avvitò nella mente e nell'anima». Basilia partorì nove gemelli: tre maschi che morirono subito, e sei femmine che chiamò Mandina, Ottavia, Doloretta, Ziroloma, Mitilla, Fatima. La madre allattò per poco le sue bambine: presto morì seguita a ruota da Venanzio, e le piccole furono cresciute da Dionisia Carchina, l'ostetrica, e dalla biscottaia, Luisa Lentore. E quando, giovani e belle nella soffitta della casa paterna, le sei figlie di Basilia trovarono in un cassetto un taccuino in cui la madre raccontava gli abusi e le umiliazioni ricevute, riportando i nomi dei colpevoli, maturarono un piano: uccidere chi aveva compiuto lo stupro di gruppo uno per uno. Loro erano sei e sei erano i criminali. Ognuna avrebbe escogitato come eliminare la sua preda.

Vendetta e castigo in Bargagia, Niffoi?
«La vendetta senza rimorso glorifica l'inutilità del male e della vendetta stessa.

La forza compulsiva, deflagrante delle gemelle che cercano di ricostruire disperatamente il mosaico dell'esistenza sembra ignorare la pietà. Almeno fino a quando non decidono di spezzare la catena».

Dove nasce la forza combattiva delle sei gemelle?
«Loro sono figlie di una madre forte che ha osato sfidare la società del suo tempo, il marciume della omologazione e del conformismo; ha avuto il coraggio di difendere un amore e sacrificarsi, percorrere un calvario doloroso, salire il Golgota da sola per consegnarsi ai mostri, ai lupi. Le donne hanno il coraggio di trasformare la disperazione in speranza, in progetto, e prima di andarsene Basilia lascia un'eredità immateriale, i suoi appunti: non vuole che la sua storia muoia, e opera un passaggio di testimone per aiutare le donne a vivere senza zavorra; e le sei ragazze, benestanti, colte, fanno una scelta condivisa: si rinchiudono nel loro segreto, non s'innamorano né si sposano, con il solo obiettivo di vendicare la madre».

Sesso e tabù nella Sardegna anni Trenta.
«La società ha sempre professato una normalità, che regolarizza il termostato delle nostre esistenze, controlla gli impulsi primordiali e gli istinti animaleschi. Nei totalitarismi e nelle democrazie, certe preferenze vengono coperte per coprire le meschinità di tutti. Il conformismo porta a quella che Pasolini chiamava omogeneizzazione, pastorizzazione della società nelle fasce più basse, perché quelle più alte sembrano estreme. Le bestie che sotto ricatto abusano di Basilia, fanno germogliare in lei una vendetta sanguinaria come nelle tragedie greche. In ognuna delle gemelle ho riprodotto le caratteristiche somatiche paterne, quelle dell'uomo che vanno a uccidere. Uccidono i padri per eliminare la colpa dalle radici».

Lei continua a raccontare una Sardegna quasi primitiva, ma in questo romanzo arriviamo già agli anni Sessanta del Novecento in pieno boom economico.
«Io sono un frutto postbellico, ho vissuto con molta poesia e poco pane. La contingenza storica imponeva modi di vita che abbiamo perso. Non sono stati sostituti e i nuovi tempi si sono sovrapposti in maniera devastante a quelli trascorsi senza prendere niente del buono del passato. Il terremoto antropologico che ha vissuto la Sardegna nell'arco storico che ho descritto, ci fa capire che oggi i sardi vivono di un narcisismo identitario a basso costo che alla fine diventa un fenomeno autodistruttivo. L'esaltazione di questa "sardità" fasulla, sostituisce la vera società sarda che, non dico sia in via di estinzione, ma è soffocata da una modernità autolesionista, arrogante, violenta che si è sovrapposta a quella codificata in secoli di cultura contadina, vissuta nell'elogio della lentezza e della rispettosa convivenza con la natura. Anche in Barbagia siamo a quella che io chiamo auto-colonizzazione. La società liquefatta di Zygmunt Bauman è una realtà anche in Sardegna».

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