L'altra Pompei: il viaggio nella stanza degli schiavi

Apre il nuovo percorso espositivo suddiviso in sette sezioni

La mostra «L'altra Pompei»
La mostra «L'altra Pompei»
Maria Pirrodi Maria Pirro
Sabato 16 Dicembre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 17 Dicembre, 09:30
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Dimenticate i dipinti straordinari di Villa dei Misteri. I mosaici celebri della casa del Fauno. Gli affreschi commoventi della domus dei Vettii. E tutto lo splendore e la bellezza che ogni giorno attirano negli scavi anche più di ventimila turisti. «L'altra Pompei», ovvero la mostra appena inaugurata nella palestra grande, in programma fino al 15 dicembre 2024, è volutamente triste ma istruttiva, perché propone una narrazione diversa, persino più viva, della città antica. Più buia e sofferta, più riflessiva e feroce.

«Memoria della maggioranza» fa notare il direttore del parco archeologico Gabriel Zuchtriegel, curatore con Silvia Martina Bertesago del percorso espositivo suddiviso in sette sezioni e aperto da un video che dà voce agli ultimi, gli sfruttati, i fragili, dall'oste alla prostituta. 

Con un gioco di luci e ombre e uno sforzo di immaginazione, il visitatore si ritrova tra gli schiavi e il ceto medio-basso, in un insieme di testimonianze, tra le «vite comuni all'ombra del Vesuvio»: dentro il racconto dell'«arte della plebe», quella di sopravvivere.

La prima sala, dedicata all'infanzia, ribalta subito la prospettiva felice dipinta sulle pareti della Casa di Successus: columelle in marmo o in pietra lavica, provenienti dalle necropoli di Porta Nocera e di Porta Ercolano, riflesse e amplificate da uno specchio, rendono evidenti i pericoli dovuti al parto e alle malattie. «Allora il tasso di mortalità nel primo anno oscillava tra il 30 e il 40 per cento, ed era ancora più alto tra i poveri», avverte Zuchtriegel. A indebolire i neonati, e le loro madri, il cibo razionato e poco nutriente: nel migliore dei casi pane, o quel che ne resta dopo l'eruzione del 79 dopo Cristo (in vetrina è carbonizzato). Solo in questa rappresentazione della quotidianità, anche una pentola in ceramica da fuoco, di scarso valore, trova un posto speciale nelle teche di vetro e lastre in ferro calamina. Trecento i reperti, non opere di particolare pregio, recuperati quasi tutti dai depositi. 

La ricostruzione di un'intera credenza, con gli oggetti ritrovati nella casa del Larario, è una novità per appassionati del genere e curiosi, come la stanza degli schiavi scoperta a Civita Giuliana, riprodotta nelle dimensioni reali con la tecnica del calco, dall'arredo minimal (altre anfore e lucerne originali, con il carro cerimoniale sottratto ai tombaroli grazie agli 007 guidati da procuratore capo Nunzio Fragliasso, si trovano nel museo da poco rinnovato a Boscoreale). «Dormivano mamma, padre e figlio adolescente in appena sedici metri quadrati», indica i tre letti Tiziana Rocco, tra le menti del progetto scientifico. Questo spazio sulla «familia servile» è centrale nell'allestimento: porta in primo piano catene, travi, graffiti; denuncia l'insostenibile condizione delle meretrici. E, tra gli oggetti, rispolvera una lettera piena di maledizioni, le peggiori, indirizzate a due amanti da una donna tradita. Sentimenti di ieri e di adesso. «Va da sé che, come avviene oggi, l'abbigliamento cambiava a seconda della classe sociale», prosegue Rocco, ricordando che la tunica era indossata dal popolo, la toga dall'élite. I vestiti sono esibiti dalle statue o dalle figure tratteggiate sui muri, illustrati dall'iconografia dell'epoca, ma frammenti di tessuti sono anche impressi nei calchi o esposti carbonizzati. A seguire c'è una sala dedicata al divertimento e al tempo libero, dai giochi da tavolo all'atellana, con un nucleo di pietre e una maschera in prestito dal Mann, senza trascurare i combattimenti dei gladiatori. 

Video

L'allestimento dell'architetto Vincenzo de Luce punta sui contrasti e differenti cromie per accentuare la tensione: «Alcune sezioni sono inondate di luce naturale per ammirare la veduta del cortile; alcune non hanno visione, negano anche lo sguardo sull'esedra», osserva. Per rappresentare i concetti di «mobilità e conoscenza del mondo», un recinto verniciato di nero, a forma di barca, è colmo di anfore e, sullo sfondo, c'è una mappa su merci e importazioni, da Pozzuoli fino alla Spagna e al Nord Africa. Il percorso si chiude, pensando alla morte e al dopo, se esiste oltre la disperazione: cosa credevano gli abitanti dell'altra Pompei? E, qui, appaiono Dioniso, Iside, un'urna e il busto di un giovane satiro dal tempio dorico, già in copertina sul catalogo pubblicato da Artem. 

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