Giovani talenti crescono tra moda, arte e innovazione all'ombra del Vesuvio

Giovani talenti crescono tra moda, arte e innovazione all'ombra del Vesuvio
di Donatella Trotta
Venerdì 17 Maggio 2019, 08:44
9 Minuti di Lettura
Giovani talenti crescono. Nel segno di un made in Sud che intreccia tradizione e innovazione, con una creatività capace di donare valore aggiunto a quello “stile italiano” apprezzato nel mondo, a dispetto di qualunque crisi. È la sfida (formativa, prima ancora che imprenditoriale) lanciata dal concorso sartoriale «Moda all’ombra del Vesuvio» 2019: premio giunto alla diciottesima edizione, rivolto a giovani allievi e diplomati di Istituti d’Arte e Accademie e ideato da Annabella Esposito, presidente dell’Associazione Piazza di Spagna, che assegna i riconoscimenti “Giovani Talenti della Moda”- per creazioni individuali - e “Migliore Scuola”, mettendo in palio tirocini, stage e periodi di apprendistato in prestigiose case di moda per i diplomati più dotati e promettenti. Un non convenzionale talent scouting dal basso, nato per intercettare estri e inclinazioni originali in ragazzi del Sud di “stoffa buona” – è il caso di dire… – e per creare così, per loro, occasioni di visibilità e di lancio in quella in quella che resta una delle prime industrie del Paese e del Mezzogiorno, in particolare.

Proprio come è capitato a Gabriele Bonomo, 37 anni, diplomato in Oreficeria e laureato in Design Industriale, che dopo dodici anni spesi a lavorare dapprima come designer per aziende dell’area napoletana e nolana, poi come disegnatore free lance, è approdato al mondo delle passerelle vincendo la gara del 2014 che gli ha aperto le porte di un viaggio di quattro anni alla Valentino Haute Couture: al termine dei quali ha fondato il marchio «Jariel», con cui ha partecipato di recente ad Alta Moda Roma e alla Settimana della Moda di Milano. «Ero alla ricerca di nuove strade: come tanti ragazzi di oggi, ero una persona molto indecisa, che aveva anche paura di affrontare cose nuove – spiega Bonomo, che oggi lavora anche in televisione come giudice per un reality per stilisti emergenti trasmesso dalla rete Italia Mia –. Dopo tanti anni, avevo capito che non mi piaceva lavorare in ambito aziendale e che volevo qualcosa di mio. Così, ho partecipato al concorso senza alcuna ambizione particolare, ma subito dopo mi sono trovato catapultato in un mondo del tutto sconosciuto: tutte le esperienze accumulate mi avevano “rodato” per sfide nuove. Imparare a rischiare è fondamentale per crescere».

Già. Gli fa eco Giusy Sorrentino, 29 anni, “aficionada” del premio al quale ha partecipato più volte, mettendosi sempre in gioco fin da quando studiava all’Istituto d’Arte di San Gennaro Vesuviano: una costanza che ne tempo le è valsa la partecipazione a diversi tirocini formativi, presso le maisons Gennaro Reale a Melito, Marella Ferrera in Sicilia e Raffaella Curiel a Milano, fino ad approdare in via definitiva alla Valentino: «Un lavoro che ho dovuto lasciare per ragioni familiari, ma l’esperienza romana mi è rimasta nel cuore», racconta Giusy, che oggi insegna Modellistica Industriale presso la sede napoletana della IUAD Accademia della Moda, dove lei stessa si è specializzata dopo la scuola. Oppure, è il caso di Annarita Ascione, 21 anni, che ha conquistato il premio “Giovani Talenti” nel 2017, quando era studentessa dell’Istituto Degni di Torre del Greco: oggi lavora alla casa di moda Ferdinand e coltiva il suo progetto Ara Moda, con il quale sfila ad ogni edizione del Premio, consapevole che per conquistare il proprio atelier entro i 30 anni deve ancora «lavorare duro, insistere e crederci».

E quest’anno? «È stato un anno molto difficile – esordisce Annabella Esposito, promotrice dell’iniziativa e vulcanica operatrice che tra le sue esperienze nel sociale, accanto al counseling familiare, annovera anche laboratori di sartoria e avviamento al lavoro nelle carceri - Sentiamo forte, intorno a noi, la sfiducia dei giovani, ma nonostante questo maisons importanti, come Valentino, continuano a volere per stage retribuiti i nostri ragazzi del Sud, segno di una filiera di qualità». Così, i partecipanti del concorso 2019 si cimenteranno sul tema Caftano Haute Couture Sposa, ispirato al Marocco con stampe dai colori pastello, o impreziosito da cristalli e coordinato di accessori, cinture, cappello o copricapo, borsa e gioielli. E con la stessa energia e grinta dei precedenti vincitori, animeranno la sfilata finale e l’assegnazione dei riconoscimenti della diciottesima edizione del premio «Moda all’ombra del Vesuvio», in programma venerdì 24 maggio alle ore 20.30 al MAV, il Museo Archeologico Virtuale di Ercolano, presentata da Paola Mercurio e Gianni De Somma, durante la quale - con interventi artistici della giovanissima Simona Giglio, ideatrice  di una'arte performativa e di ricerca sullo scarabocchio/psicogramma nel rapporto empatico tra pittura e pubblico -  si svolgerà anche la terza edizione del «Premio Ulisse per Arte e Ingegno»: un riconoscimento voluto dal Presidente di Confartigianato Napoli, Enrico Inferrera – partner istituzionale dell’iniziativa, in collaborazione con ANCoS Napoli e i movimenti Giovani Imprenditori e Donne Impresa – per promuovere l’impegno a favore del territorio campano di realtà lavorative che hanno scelto di restare a Sud e investire sulle nuove generazioni, con molte ricadute virtuose.

«Premiamo – sottolinea Inferrera raccontando le motivazioni del premio - le realtà che hanno raggiunto traguardi importanti in un contesto difficile come il nostro. Esempi dai quali i giovani possano trarre modelli di speranza che li invoglino a credere in un progetto, a restare nel loro territorio. Non a caso il riconoscimento è intitolato a Ulisse: fare impresa, dalle nostre parti, richiede un po’ della volontà, dell’astuzia e dell’intraprendenza di Ulisse. L’imprenditore è uno che scommette sul futuro, e deve avere un’idea positiva del domani. Di qui il nostro intento di collegare, in quella che consideriamo una manifestazione di punta di Confartigianato, giovani, territorio e impresa. Anche se sono ancora in pochi a rendersene conto, il mondo associativo sta cambiando rapidamente e la nostra sede napoletana vuole diventare sempre più la casa delle imprese, un punto di riferimento, collegando fra loro le realtà diverse». Gli fa eco Leonardo Lasala, vice Presidente vicario di Confartigianato: «L’impresa non è solo capitale, è anche motivazione. E partecipazione: un problema si condivide, una opportunità si moltiplica. Anche questo è sviluppo».

Aggiunge Rocco Dragonetti, referente per la Campania e la Basilicata di Artigiancassa Gruppo BNP Paribas che, anno dopo anno, rinnova il proprio sostegno all’iniziativa, che si avvale anche del patrocinio della Regione Campania e del Comune di Ercolano e del contributo di Centrale Garanzia Fidi: «La tensione verso il futuro, l’attenzione al mondo giovanile e la continuità, ovvero il sapersi rigenerare nonostante le difficoltà, sono gli elementi vincenti di questa manifestazione, che danno senso alla nostra presenza, vicina al mondo delle piccole e medie imprese che rappresentano il nostro target di riferimento».

E non a caso, proprio a questo target appartengono i “magnifici sette ulissidi” campani vincitori del premio «Ulisse per Arte e Ingegno». Sono sette protagonisti di storie positive, buone pratiche e lavoro ben fatto che incarnano la varietà associativa del Nuovo Millennio: a cominciare da Marcella e Oreste Mantovani, fratelli e fondatori nel 2005 della gelateria artigianale Gelatosità, proprietaria del brevetto Gelamix, una piastra ghiacciata che consente di personalizzare il prodotto. Entrati di diritto nella guida Gambero Rosso dopo aver inaugurato sette sedi in tutta Italia, undici laboratori in Centro America e punti vendita a Londra, in Canada e in Cina, hanno conquistato numerosi riconoscimenti, fra cui uno per il gusto “Due Sicilie”, il più richiesto ad Ottawa, una ricetta prelibata fatta di ingredienti di eccellenza del Sud: «Ci siamo indebitati fino al collo per portare avanti la nostra impresa e abbiamo lavorato sodo, nello scetticismo iniziale di tutti; ma possiamo dire di essere riusciti a creare qualcosa di importante che investe nei prodotti del territorio e nei suoi giovani», confessa Marcella, una laurea in Economia e Commercio, master all’estero e un impegno di formazione dei giovani all’università Federico II di Napoli. E aggiunge: «Ci dicevano di lasciar perdere, di andare via da Napoli e diventare ricchissimi altrove. Noi invece abbiamo scelto di restare ed oggi portiamo la nostra testimonianza anche ai ragazzi universitari».

Perché il segreto, in fondo, è saper guardare oltre l’orizzonte dell’omologazione, «vincendo l’atavico male di Napoli che è l’individualismo, per fare rete ricostruendo i sogni che sono alla base dell’imprenditoria pura», sottolinea un altro vincitore, Roberto Natale, titolare della Natalepelli, un’azienda leader dei pellami e della produzione di guanti in pelle che ha recentemente brevettato il guanto touch che consente di avere maneggiare gli schermi tattili dei moderni dispositivi digitali. Una linea che ha dedicato a sua figlia Alessia, rinnovando una tradizione consolidata lunga cinque generazioni, totalmente artigianale e condotta nel rispetto nelle norme ambientali e degli animali, tutti provenienti da macellazione a scopo alimentare e dunque ecocompatibili: «I nostri prodotti danno emozioni, e questo fa la differenza con le cineserie a buon mercato. Un imprenditore è, prima di tutto, una persona che crede nel proprio lavoro».

Ne sono convinti anche alla Pneus ODP, anch’essa premio Ulisse 2019, azienda grossista di pneumatici a conduzione familiare, fondata nel 1992 da Alessandro Orefice che, insieme ai figli Francesco e Fabrizio, porta avanti un modello organizzativo basato sulla relazionalità, la fiducia e la stima tra fornitori e clienti, ai quali offrono ogni anno una vacanza insieme alle famiglie, coinvolgendo i gommisti con il migliore fatturato. Una valorizzazione dei rapporti umani che incrementa la competitività di una piccola azienda rispetto ai grandi gruppi internazionali. Un po’ come fa Antonio Filippone, fondatore della Gecotech: una software house che realizza su misura soluzioni digitali innovative, per ogni singolo cliente, con l’obiettivo di trovare le proposte migliori alle diverse problematiche aziendali. «Non realizziamo prodotti in serie, ma creiamo strumenti diversi per ogni cliente, caratterizzandoci come nuovi artigiani della postmodernità, o artigiani digitali» spiega Filippone che, insieme con le sue due socie, ha avviato di recente un progetto a supporto della filiera campana della ristorazione di qualità: «Credo molto nel valore delle donne e in quello della nostra terra, perciò non ho ceduto alle lusinghe del fujtevenne», aggiunge con un sorriso. In buona compagnia con un altro vincitore del Premio Ulisse: Alessandro Migliaccio, Direttore del «Quotidiano Napoli», freepress nato da pochi mesi e «fatto a Napoli da napoletani» con la mission di valorizzare le eccellenze, le attività produttive, culturali, economiche e turistiche della città.

Ma anche la provincia non è da meno nelle buone prassi che coniugano radici e ali, valorizzando la tutela di
tradizioni familiari nel segno della modernità: è il caso di Saturno e Micol Somma, proprietari del pastificio Somma di Gragnano, che da dieci anni produce pasta secca con una tecnica antica: «Ristrutturando i locali di lavorazione abbiamo trovato un antico laboratorio e da quel momento abbiamo deciso di recuperare antiche tecniche di produzione e il primo Disciplinare della pasta di epoca borbonica, del 1823, che è ancora molto attuale sulle istruzioni per la produzione, il tipo di grano, la sua essiccazione e la vendita» dice Saturno che, insieme alla moglie, ha ridato vita ad una tradizione che trasmette attraverso la Galleria del Grano, il laboratorio esperienziale concepito come moderno Museo della Pasta rivolto a turisti, viaggiatori e residenti desiderosi di riscoprire le proprie radici.

Proprio come l’ultimo Premio Ulisse 2019, il vicano Tommaso De Gennaro che porta avanti, insieme con la moglie, una tradizione nell’arte casearia che dura da ben cinque generazioni, rinnovandosi continuamente. Il Caseificio De Gennaro, di Vico Equense è infatti, l’unico in Italia ad avere addirittura un museo dell’arte casearia a Pacognano, con attrezzature di famiglia conservate e tramandate di generazione in generazione, risalenti al 1850. Un caseificio che, in tempi di continue sofisticazioni alimentari, utilizza solo latte locale, con cui produce il prelibato Provolone del Monaco diventato non a casomarchio DOP nel 2007 e unico in Italia, insieme al Valpadano, ad avere il marchio europeo. Quando si dice le eccellenze campane: ambasciatrici di qualità nel mondo, ma anche speranza per i giovani del Sud.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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