La religione delle cose e il culto di San Gennaro, tavola rotonda a Napoli

La religione delle cose e il culto di San Gennaro, tavola rotonda a Napoli
di Donatella Trotta
Lunedì 13 Settembre 2021, 17:03
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Sotto il segno di San Gennaro: in Curia Arcivescovile fervono i preparativi per l’imminente solennità del più importante compatrono di Napoli, celebrata domenica 19 settembre in Duomo (che per ragioni di sicurezza, visto il permanere delle restrizioni dovute al Covid-19, sospenderà tutte le visite turistiche, sia individuali che di gruppo, mentre l’ingresso in Cattedrale sia ai fedeli che alla stampa, per la funzione liturgica presieduta dal Vescovo, sarà consentito fino ad esaurimento dei posti a sedere; per coloro che non riuscissero a entrare è assicurata la consueta diretta tv di Canale 21, con la trasmissione della celebrazione anche via streaming grazie al provider Maria Tv di Cuneo, sul canale YouTube e sul portale della Diocesi). E mentre la città si appresta a pregare il “suo” santo di fama universale,  nuovi eventi preparano all’atteso momento dello scuotimento dell’ampolla contenente il sangue di Gennaro a cui è legata tanta devozione popolare, ma anche tante aspettative su pronostici fausti o infausti tradizionalmente legati allo scioglimento o meno del plasma. E nell’ambito del San Gennaro Day, dopo il successo della mostra «Sotto il segno di san Gennaro», domani 14 settembre, alle ore 17.00, una tavola rotonda approfondirà (nella Sala del Capitolo del Convento di San Domenico Maggiore un tema di grande interesse antropologico: «San Gennaro, la storia, gli oggetti della fede e la “religione delle cose” del popolo napoletano».

Di “religione delle cose”, soprattutto al femminile, parla la moderatrice del convegno, Gea Palumbo, accademica, iconologa, Direttrice del Museo della Civiltà contadina del Fortore «Cosimo Nardi» di Montefalcone (Benevento) e autrice di un prezioso volume di recente pubblicato da Fioranna editore, dal titolo Quadrilli. Le donne e la religione delle cose nell'isola di Procida e al di là dei suoi confini: ricerca sull’antica e poco conosciuta tradizione dei piccoli quadri-reliquiari che le donne della piccola isola flegrea solevano interrogare per una sorta di profezia tutta femminile, testimoniando la trasformazione del cristianesimo da una religione di parole, di parabole e di promesse in una religione fatta anche di oggetti concreti, immagini, reliquie, grandi e piccole opere d’arte, segno di una devozione declinata in speranza attiva.  In questa scia si alterneranno i contributi della tavola rotonda, alla quale intervengono Giulio Sodano, Direttore del Dipartimento di Lettere e Beni culturali  (Università degli Studi Luigi Vanvitelli di Caserta); Paologiovanni Maione, Docente di Storia della musica e Storia ed estetica musicale  al Conservatorio di Musica San Pietro a Majella di Napoli; Francesco Cotticelli, docente di Discipline dello Spettacolo (Università degli Studi Federico II di Napoli); Valerio Petrarca, docente di Antropologia  culturale (Università degli Sudi Federico II di Napoli) e Francesco Paolo de Ceglia, docente di Storia della scienza (Università degli Studi di Bari).

Ma qual è la caratteristica fondamentale della devozione napoletana a san Gennaro? «Forse per nessun santo più che per il Nostro, il racconto che ci è giunto della sua morte sembra porre l’accento molto più sull’antica “sacralità”, potenza oscura diffusa dal corpo stesso e dalle sue reliquie, che non sulla “santità”: vale a dire sull’ufficialità della conferma canonica e giuridica sancita dal trascorre del tempo e dalla Chiesa», spiega Palumbo. Fin dai primi momenti della morte di Gennaro, sopravvenuta, secondo la data tradizionale il 19 settembre del 305 d.C., non attraverso la condanna “ad bestias” nell’Anfiteatro di Pozzuoli, ma con una spettacolare decapitazione, che diffuse subito, attraverso l’umore più vitale del corpo, il sangue, la sacralità di Gennaro, sulla pietra su cui, secondo la tradizione, era posato il suo capo e scorrendo intorno permise ai presenti di raccoglierlo. Napoli, Urbs sanguinum, città dei sangui. Delclinati al plurale: non mancano studi su questo filone antropologico che tra i casi più interessanti annovera anche il prodigio della liquefazione del sangue di Santa Patrizia, altra compatrona della città partenopea, reliquia conservata nel Convento di San Gregorio Armeno… Ma gli esempi potrebbero continuare.

E sono proprio i dettagli di questa narrazione che ci dicono anche perché quella che a Napoli si nutre per il suo massimo protettore è una “religione delle cose”.

Religione veicolata principalmente dalle donne: come già Matilde Serao ebbe ad intuire, pubblicato a fine Ottocento una sua seguitissima conferenza dal titolo Le Marie, ovvero un excursus su coloro che la grande scrittrice e giornalista riteneva le nostre “antenate della fede cristiana”, dunque custodi di un legame più che simbolico con oggetti sacri ma concreti da poter vedere e toccare: reliquie e reliquiari, pietre e frammenti, e, a poco a poco, piccole e grandi opere d’arte. E così, dalla pietra di Pozzuoli, alle ampolle/lacrimatoi riempiti da Eusebia, che il racconto della morte di Gennaro ci ha consegnato, il sangue, ma anche tutti i luoghi che la reliquia ha attraversato,  sono diventati «tracce sacre, cose sacre» su vie altrettanto sacre di un cristianesimo primitivo che giunge fino ai nostri giorni: il Santuario alla Solfatara, la via Antignana, i luoghi del Vomero dove la potenza del corpo santo poté sostare prima di giungere alle Catacombe dette appunto di S. Gennaro. Poi, nel corso dei secoli, altri luoghi sacri si aggiunsero, fino alle successive Cappelle che nel Duomo di Napoli accolsero le ampolle col sangue la cui caratteristica è ancora la “vita” che lo fa sciogliere, per quanto ne sappiamo, dalla fine del Trecento (1389) ad oggi.

Opportuno che, al di là dell’evento tra spiritualità e cronaca mediatica, il culto di san Gennaro ancora presente e vivo nelle sue reliquie venga ancora approfondito da più punti di vista, con il contributo di studiosi attenti. E che tale vitalità non accenni a scemare viene confermato da quanto si dice intorno al rifacimento dell’attuale Cappella nel Duomo dove ancora oggi si possono ammirare con i suoi “Splendori”, più potenti e preziosi dei tesori dei sovrani della Terra conservati nel Museo del Tesoro di san Gennaro: allora, si disse che il santo era considerato “presente” dai notai,  perché erano presenti le sue reliquie. Da Benevento, città dove Gennaro era vescovo a Pozzuoli, luogo del martirio, a Napoli dove oggi si trovano le sue ampolle incardinate in una teca angioina, questa antica sacralità è dunque diffusa in mille “cose” che non potranno mai scomparire: segni di una devozione che in fondo non incarna altro che una tenace, inossidabile speranza coltivata dai suoi fedeli.

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