L'accusa è pesantissima ed è contenuta in una ricerca nazionale fatta dai Centri Antiviolenza e dagli avvocati che si occupano delle vittime: nei tribunali civili e per i minori la Convenzione di Istanbul non sempre viene applicata sull’affidamento dei figli, confermando il ruolo preponderante delle CTU (Consulenze Tecniche d'Ufficio redatte da psicologi) e la conseguente vittimizzazione secondaria delle donne che hanno subito maltrattamenti in famiglia.
La ricerca diffusa oggi ha preso in esame – attraverso un questionario compilato dal 55,1 per cento delle avvocate attive nei centri antiviolenza Di.Re – i procedimenti giudiziari nel periodo compreso tra gennaio 2017 e giugno 2019.
Obiettivo era verificare l’applicazione dell’articolo 31 della Convenzione di Istanbul che impone «la necessità di considerare la violenza (e la sicurezza della madre) nella determinazione e regolamentazione di tali diritti, il divieto di meccanismi obbligatori di mediazione, la necessità di strumenti di valutazione del rischio, la protezione della vittima».
Le avvocate hanno riferito che nonostante vengano depositate in tribunale documenti comprovanti la violenza subita dalla donna e la violenza assistita dai minori (denunce (94,4%), referti (100%), misure cautelari emesse in sede penale (98,1%), decreti di rinvio a giudizio (96,3%), sentenze di condanna (88,9%), relazioni del Centri Antiviolenza (63%) nel 42% dei casi la violenza viene riconosciuta e solo in minima parte.
La ricerca conferma anche il ruolo preponderante delle relazioni dei servizi sociali sulla genitorialità, disposte nel 75 per cento dei casi seguiti dalle avvocate intervistate.
Il 74,1% delle avvocate dichiara anche che l’alienazione parentale (PAS), o altri comportamenti manipolatori da parte della madre sono citati nelle relazioni delle CTU. La PAS è di fatto vietata dalla Convenzione di Istanbul e anche da una recente sentenza della Cassazione.