Un colpo alla movida e una mano tesa al pubblico impiego. Niente più locali aperti dopo le 23 e spingere il lavoro da casa dei dipendenti dei pubblici uffici sino al 70%. Le misure, che saranno contenute in un nuovo decreto del presidente del Consiglio, puntano a contenere al massimo spostamenti e assembramenti. Il problema di come ridurre la circolazione delle persone, e di conseguenza del Covid, è stato ieri al centro della riunione del Comitato tecnico scientifico che ha avanzato delle proposte che oggi pomeriggio il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia valuterà con i presidenti di regione.
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Obiettivo del governo è quello di rendere quanto prima operative le misure, senza quindi attendere la scadenza del precedente dpcm fissata per il 15 del mese.
Le uniche attività produttive che risentiranno della nuova stretta sono quelle legate alla ristorazione con i locali dove si consuma in piedi che dovranno chiudere alle 21 e dove invece ci si siede alle 24. Un giro di vite che li salva da provvedimenti di chiusura disposti da altri paesi e che soprattutto salva da possibili interventi altri settori - a cominciare dalla scuola - che aiutano la diffusione del virus ma che sono ritenuti più importanti.
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Il Cts ha individuato 4 diverse tipologie di situazioni: i positivi asintomatici, i positivi sintomatici, i positivi asintomatici che non riescono a negativizzarsi e i contatti stretti. I primi dovranno osservare 10 giorni di quarantena, dalla diagnosi di positività, e poi sottoporsi ad un tampone molecolare; anche i sintomatici dovranno fare 10 giorni di isolamento, ma prima di sottoporsi all’unico tampone molecolare previsto dovranno aver passato almeno 3 giorni senza sintomi. Per i contatti stretti, dopo 10 giorni di quarantena, sarà invece possibile effettuare il test rapido dai medici di base.
La decisione di portare fino a quota 70% lo smartworking dei dipendenti pubblici sembra destinata a provocare forti polemiche. Secondo un recente sondaggio effettuato su 3 mila imprese aderenti alla Confartigianato, il 69% delle micro e piccole imprese lamenta grandi difficoltà per accedere ai servizi pubblici gestiti con lo smart working. «Le criticità denunciate dalle piccole imprese nella nostra rilevazione – ha sottolineato Giorgio Merletti, presidente della Confartigianato al Sole 24Ore – dimostrano che la Pa deve riorganizzarsi per consentire ai dipendenti pubblici di svolgere i propri compiti in modo efficiente, pur operando in smart working. Non è tollerabile che, oltre alle difficoltà della crisi, gli imprenditori debbano subire anche problemi di accesso ai servizi pubblici». Secondo la gran parte degli imprenditori che hanno risposto al sondaggio lo smart working della Pa sta diventando una comodità per chi ne usufruisce ma con effetti negativi per imprenditori e cittadini utenti a causa di un uso modesto dei mezzi informatici.