Il pecorino fuori dalla crisi, vola l’export in Usa e Ue

Nel primo semestre vendite in aumento del 25% negli Stati Uniti e del 18<SC1001,37> in Europa

Il pecorino fuori dalla crisi vola l’export in Usa e Ue
Il pecorino fuori dalla crisi vola l’export in Usa e Ue
di Carlo Ottaviano
Domenica 10 Ottobre 2021, 00:09 - Ultimo agg. 09:28
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Pecorino romano, dove eravamo rimasti? Sembrano lontanissime – era il febbraio 2019 – le clamorose proteste dei pastori sardi che bloccavano i caseifici, sversavano il latte nelle strade, minacciavano lo sciopero del voto alle elezioni regionali per chiedere un compenso più equo per il latte di pecora. Anche i caseifici - la controparte - combatteva del resto una crisi mai vista prima. La situazione oggi è ben diversa, tranquilla almeno sul versante prezzi: all’ingrosso un chilo di pecorino vale circa 9 euro, contro gli appena 5,50 dell’inverno 2019. «Nel primo semestre del 2021 – dichiara Gianni Maoddi, presidente del Consorzio di tutela – le vendite sono cresciute del 25% in Usa e del 18% in Europa, al di sopra dei livelli pre-Covid».

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GLI OBIETTIVI DI SVILUPPO

Che ci siano ancora ampi spazi di sviluppo, lo dimostra l’intensa attività dei vertici della Dop Pecorino Romano (ma al 95% è prodotto in Sardegna e la restante parte nel Lazio e in provincia di Grosseto). Ieri in Germania all’inaugurazione di Anuga Colonia, la più importante fiera alimentare d’Europa, hanno presentato un’aggressiva campagna di promozione internazionale, in parte finanziata dall’Unione Europea. L’obiettivo è far crescere il giro d’affari delle 12 mila aziende zootecniche (25mila addetti, 3,3 milioni di pecore) e dei 40 caseifici. Il valore alla produzione è pari a 230 milioni di euro, che diventano 480 milioni di euro alla fine della filiera commerciale. L’export rappresenta la voce principale, pari al 70% del totale. La principale area di destinazione è il mercato degli Stati Uniti, in particolare la zona Nord, con il 52%; il 24% resta nell’Unione Europea e il resto va in altri paesi, con prevalenza verso il Giappone, il Canada e l’Australia.
Gli stessi numeri dimostrano che il Pecorino Romano è il formaggio di latte di pecora Dop più importante in assoluto in Europa, sia in termini quantitativi che di valore generato, rappresentando il 52% dei prodotti derivanti dal latte ovino nell’Ue e l’85% in Italia. L’ultima campagna ha portato sul mercato 285mila quintali di prodotto. 

BATTERE LE IMITAZIONI

A livello di prodotto grattugiato gli unici concorrenti nel mondo sono i falsi pecorini romani, prodotti nelle Americhe e nell’Est Europa, spesso addirittura con latte di vacca e poi etichettati come ovini, classico esempio di Italian Sounding (le imitazioni di cibi italiani il cui valore ammonta ad oltre 100 miliardi di euro). Sui pezzi interi, concorrenti sono invece l’erborinato francese Roquefort e lo spagnolo Manchego.
Il Consorzio punta adesso alla diversificazione del prodotto per conquistare fasce di pubblico diverse e ancora più attente alla qualità. «Stiamo lavorando – annuncia Maoddi - all’ingresso nel mercato di tre nuove tipologie da affiancare a quella tradizionale: un Pecorino Romano Extra, a ridotto contenuto di sale (non più del 3,5%), un Riserva con una stagionatura di almeno 14 mesi e fino a 30 mesi (attualmente va da 5 a 8 mesi) e un prodotto di Montagna che presuppone l’allevamento al di sopra dei 600 metri».

Una chicca sarà lo Snackorino, monoporzione da 20 grammi, ispirata alla razione quotidiana che veniva data in dotazione ai legionari romani (all’epoca era di 27 grammi). 

IL “BLUE TONGUE”

Non tutto è però rose e fiori. «Siamo preoccupati – denuncia Maoddi – per l’epidemia di Blue Tongue che si sta sviluppando a macchia di leopardo in molte zone della Sardegna. E’ una pandemia endemica nell’isola, ma quest’anno sembra sfuggita di mano». Proprio ieri la Copagri Sardegna ha fornito gli ultimi dati. «La “Lingua Blu” – ha precisato il presidente Ignazio Cirronis - è fuori controllo, tanto che si assiste a una crescita esponenziale della malattia, che al momento registra 684 mila capi coinvolti con 1.913 focolai e 9.388 capi morti, in continua e rapida ascesa». Secondo Copagri sono «gravi le responsabilità dell’assessorato alla Sanità, che ha ritenuto di derogare rispetto agli obblighi stabiliti dal suo stesso piano di profilassi vaccinale, non applicato pienamente nei tempi stabiliti».
 

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