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Quoziente familiare e aiuti spingono le culle in Europa: natalità più alta in Francia, Germania e Svezia

Il demografo Rosina: "Asili e servizi per evitare che le donne restino a casa"

Quoziente familiare e aiuti spingono le culle in Europa: natalità più alta in Francia, Germania e Svezia
Quoziente familiare e aiuti spingono le culle in Europa: natalità più alta in Francia, Germania e Svezia
di Graziella Melina
Articolo riservato agli abbonati
Domenica 13 Novembre 2022, 21:32 - Ultimo agg. : 14 Novembre, 15:54
4 Minuti di Lettura

«Un figlio? Magari più avanti». Inutile chiedere ad una coppia italiana se ha intenzione di allargare la famiglia, la risposta in linea di massima sarà sempre la stessa. Ma che la denatalità sia diventata una questione da risolvere al più presto è un fatto noto da diversi anni. Secondo l’Istat tra il 2009 e il 2021 il numero delle famiglie con figli è passato da 11,8 milioni a 11,4 milioni. E la situazione non sembra far presagire nulla di buono neanche per i prossimi anni. A meno che, come rimarca il Forum delle associazioni familiari, non si interverrà con importanti misure di sostegno, a cominciare dall’applicazione del cosiddetto quoziente familiare, grazie al quale il reddito complessivo viene tassato in base al numero dei componenti del nucleo. La misura, introdotta dal governo Meloni per il momento solo come criterio per il diritto al superbonus, potrebbe essere utile per alleggerire i costi necessari per far crescere i figli. L’esempio dei Paesi europei, in effetti, dimostra che il sostegno economico e la detassazione sono in grado di arginare la denatalità. «In Germania, gli assegni familiari sono uguali per tutti, ossia circa 220 euro al mese e aumentano di importo dal terzo figlio in poi – spiega il Forum - il sistema fiscale prevede una deduzione di 8.400 euro a figlio mentre in Francia gli assegni sono più bassi rispetto alla Germania, si toccano i 130 euro al mese, e solo dal secondo figlio ma anche qui universali». Il fisco interviene ulteriormente col quoziente abbattendo le aliquote sul reddito familiare anche sotto il 10% in caso di terzo figlio, e poi dei successivi. «In Svezia, il welfare è universale sia dal punto di vista dei servizi che delle elargizioni economiche ed è impostato su base individuale, ma tutte le famiglie ottengono un assegno di 1.480 euro l’anno in caso di un figlio, di 3.132 con due figli, di 5.300 per tre figli e così via».

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LE RINUNCE

I risultati sembrano confermare che solo così si può uscire dall’emergenza culle vuote: in Germania si registrano 1,6 figli per donna, in Svezia 1,7, in Francia 1,8. «Il tasso di natalità in Germania è salito al livello più alto dal 1997 – spiega il presidente del Forum Gigi De Palo - dati preliminari suggeriscono che nel 2021 sono nati circa 795.500 bambini, con un aumento del 2% rispetto alla media 2018-2020. E in Francia il tasso di occupazione delle donne francesi è di gran lunga superiore di quello delle italiane». Negli altri Paesi europei, insomma, le donne che decidono di diventare mamme riescono a conciliare lavoro e famiglia, senza rinunce: l’occupazione femminile in Germania è del 75%, in Francia del 67%, in Svezia dell’80%, in Italia siamo al 52%. Non solo, in Germania i nuclei con 3 figli e oltre sono più del 12%, in Francia e Svezia più del 14%, in Italia poco sopra il 7%. «Per sostenere la natalità - spiega Alessandro Rosina, professore di demografia dell’Università Cattolica di Milano - serve un pacchetto integrato di politiche, che poi va migliorato anno dopo anno». Gli altri governi europei, però, lo hanno già capito da tempo. «La Francia, che è l’unico Paese che adotta il quoziente familiare – precisa Rosina – investe sulle famiglie perché sa che l’arrivo di un figlio non corrisponde a un costo economico a carico dei genitori, ma è un bene collettivo su cui tutto il Paese investe. Dunque, puntano su un sistema fiscale che prende la famiglia a riferimento». Ma perché funzioni in modo pieno serve poi un sistema integrato. «Investendo molto anche sui servizi per l’infanzia e sulla conciliazione – rimarca Rosina – la Francia compensa il rischio che il quoziente potrebbe in parte disincentivare l’occupazione. Non dimentichiamo che la copertura dei servizi per l’infanzia è superiore al 50 per cento, in Italia siamo alla metà». Perché allora l’Italia è rimasta indietro? «Il primo alibi – spiega Rosina – in passato era la mancanza di risorse. Poi, non abbiamo fatto il passaggio culturale per cui un figlio non viene considerato semplicemente un bene privato. Infine, scontiamo il fatto che la politica italiana ragiona per scadenze elettorali. E così facendo ha uno sguardo corto». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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