Recovery plan, flop del bando asili nido: poche domande dal Sud

Recovery plan, flop del bando asili nido: poche domande dal Sud
di Marco Esposito
Giovedì 3 Marzo 2022, 07:03 - Ultimo agg. 4 Marzo, 12:09
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I bambini possono attendere. Il bando del Pnrr per costruire asili nido dove mancano ha visto poche domande, al punto che oltre 1.200 milioni sui 2.400 disponibili sono rimasti sul piatto. Più della metà. La Campania, cioè proprio il luogo con la minore presenza del servizio, è maglia nera. Ed è andata molto male in Sicilia e Calabria mentre la Puglia ha fatto richieste oltre il proprio budget di fondi disponibili. Il ministero dell'Istruzione e quello della Coesione territoriale oggi annunceranno la riapertura straordinaria dei termini, con la scadenza che slitta dal 28 febbraio 2022 al 31 marzo. Le settimane in più saranno utilizzate per una campagna informativa presso i sindaci.

Com'è possibile che, anche quando ci sono i soldi, i Comuni non si attivano con le richieste? Le ragioni sono più d'una. Da un lato c'è l'eccessiva frammentazione amministrativa, con tanti piccoli municipi che non hanno capacità tecniche sufficienti.

Lo conferma il fatto che la regione con più piccoli comuni d'Italia, il Piemonte, ha anch'essa mancato il suo obiettivo. Una seconda motivazione è nei tempi stretti dei bandi del Pnrr (quello per gli asili nido si è aperto il 2 dicembre) con la difficoltà in particolare di predisporre la certificazione sismica. La terza ragione, probabilmente più importante delle precedenti, è che il bando finanzia i mattoni, cioè l'edilizia destinata all'infanzia, tuttavia i sindaci temono i costi della gestione del servizio. Non è ancora chiaro infatti in che modo saranno utilizzati i 900 milioni che il Pnrr destina ai primi anni di gestione dei nidi, mentre è già noto che il Fondo di solidarietà comunale, che pure è stato rafforzato, andrà a regime soltanto nel 2030 e quindi gli enti con problemi di bilancio rischiano di aggravarli se incrementano le spese a fronte di entrate incerte o parziali.

Tali ragioni sono oggettive, tuttavia ce ne è una che supera tutte le altre e riguarda enti locali, governo centrale ma anche sindacati e mondo dell'informazione. La società italiana - infatti - sembra non aver ancora compreso che dal primo gennaio 2022 la copertura di asili nido al 33% è diventata il primo Lep varato dopo vent'anni, cioè un livello essenziale delle prestazioni che va obbligatoriamente garantito su tutto il territorio nazionale (articolo 117 della Costituzione) o dall'ente locale oppure, se quest'ultimo è inadempiente, dallo Stato centrale (articolo 120 della Carta costituzionale). Questo vuol dire che i sindaci che non garantiscono la copertura del 33% per gli asili nido, cioè la quasi totalità di quelli campani e meridionali, sono obbligati per legge di attuazione costituzionale ad attivarsi, partecipando al bando. E sarà compito dello Stato garantire, in ogni caso, l'integrale copertura dei costi del servizio per tenere aperti i nidi, ovviamente a prezzi efficienti e senza sprechi.

Il meccanismo dei bandi si presta male all'attuazione dei Lep. E anche la scrittura del bando da parte del ministero dell'Istruzione non ha favorito una razionale distribuzione delle risorse con il target del 42,7% che ha preso il posto di quello di legge del 33%. Così ora avremo Comuni dell'Emilia Romagna - il luogo dove gli asili nido sono nati, mezzo secolo fa - che grazie al Pnrr potranno portare la copertura del servizio molto oltre il 33% e Comuni, magari sempre emiliano-romagnoli, che continueranno a restare sotto la soglia costituzionale. Del resto in tutte le regioni italiane, secondo le rilevazioni della Sose (società del ministero dell'Economia) ci sono bambini al di sotto dei tre anni d'età senza asilo nido pur avendone diritto: sono 5mila in Emilia Romagna e 38mila in Campania, di gran lunga il territorio con la maggiore necessità di strutture. 

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Non a caso alla Campania nel riparto regionale era stata riservata la quota maggiore di fondi: 328 milioni su 2.400. Una somma peraltro insufficiente a fronteggiare le carenze, come documentato dal Mattino e come sottolineato dall'Ufficio parlamentare di bilancio, il quale in un report dello scorso 20 gennaio, quindi a bandi aperti, aveva indicato in 539 milioni la cifra più corretta. Ma in realtà i sindaci campani sono rimasti molto sotto i 328 milioni. Le cifre esatte ancora non sono note perché il ministero dell'Istruzione cercherà di trasferire una quota di domande per i poli dell'infanzia (che coprono la fascia 0-6 anni) a carico degli asili nido, soluzione tecnica che in ogni caso non coprirà l'entità miliardaria del buco sugli asili nido. Bene invece gli altri cinque bandi, compresi quelli su mense e palestre.

Il flop sui nidi getta un'ombra sul target del 40% per il Sud, già sotto attacco in molte occasioni. Ieri la ministra del Sud Mara Carfagna, in aula a Montecitorio, ha riferito che in base a un monitoraggio su undici ministeri «a oggi risulta un'allocazione di risorse al Sud pari al 40,6%. Siamo dunque in linea con l'obiettivo posto dal vincolo. Naturalmente - ha aggiunto - siamo consapevoli che occorre fare di più. Il controllo ex ante deve essere reso più funzionale e più efficace. Per questo nei giorni scorsi abbiamo concordato con il Mef di rafforzare l'attività di monitoraggio ex ante tramite l'esame anche preventivo dei bandi, degli avvisi e, in generale, di tutti i provvedimenti di riparto delle risorse prima della loro pubblicazione». 

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