Redditi più bassi al Sud: il divario arriva al 40%

Redditi più bassi al Sud: il divario arriva al 40%
di Jacopo Orsini
Mercoledì 12 Agosto 2020, 18:21 - Ultimo agg. 18:49
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Il divario fra il Nord e il Sud dell'Italia si misura anche sui redditi e sulle retribuzioni. Con differenze molto ampie e con regioni come la Calabria che arrivano in media a livelli inferiori di oltre il 40% rispetto alla Lombardia, l'area più ricca del Paese. Nel Mezzogiorno dunque non c'è solo un gap infrastrutturale e di sviluppo da colmare. Un problema che il governo ha appena annunciato di voler affrontare con piano di investimenti pubblici e con un taglio del costo del lavoro. Un intervento che prevede una riduzione dei contributi previdenziali del 30% per tutti e che il ministro del Sud Giuseppe Provenzano ha definito «il tassello di una strategia complessiva che il governo sta mettendo in piedi per rilanciare il Mezzogiorno». Al Sud - secondo dati di Bankitalia - la disoccupazione coinvolge oltre il 18% della forza lavoro, pari a 1 milione e 400 mila persone, con un divario di 11 punti percentuali rispetto al Centro Nord. Una situazione ancora più grave tra i giovani con meno di 35 anni, una fascia d'età dove i senza lavoro arrivano quasi al 34%, 19 punti in più rispetto alle regioni settentrionali. In valori assoluti si stima che circa 1 milione e 700 mila giovani meridionali, oltre un terzo del totale, uno dei valori più alti d'Europa, non lavorano né accumulano conoscenze.



Nel primo trimestre del 2020 - l'ultimo disponibile dell'Istat - il tasso di disoccupazione si è attestato al 17% contro il 5,7% di quelle settentrionali. In attesa che di vedere se la decontribuzione pensata dal governo contribuirà a ridurre il divario tra le due estremità del Paese, e a far crescere le opportunità di lavoro nelle regioni meridionali, i numeri parlano chiaro. Prendendo gli ultimi dati sui redditi dei lavoratori dipendenti pubblicati dal ministero dell'Economia, riferiti all'anno 2018, si nota che la media è di circa 23 mila euro annui. Ma le oscillazioni fra le regioni del Nord e quelle del Sud sono molto ampie.

Analizzando le cifre si va da un picco di 27.700 euro dichiarati in media in Lombardia a un minimo di 16 mila in Calabria. Tutte le regioni del Sud arrivano al massimo a 20 mila euro, con l'Abruzzo poco sopra. Poi ci sono Campania, Puglia, Basilicata e Sicilia intorno a 18 mila euro, mentre la Sardegna e il Molise si collocano oltre 19 mila. Nel Lazio la media dei redditi dichiarati è intorno a 25 mila euro, mentre le regioni del Centro oscillano fra i 21 mila euro di Marche e Umbria, i 23 mila della Toscana e i 25 mila dell'Emilia Romagna. Al Nord sotto la Lombardia troviamo invece Liguria, Valle d'Aosta, Veneto, Friuli e la provincia di Bolzano sui 24 mila (Trento è poco sopra 22 mila) e il Piemonte vicino a 25 mila.

Il dislivello fra Nord e Sud emerge anche dall'ultimo report dell'Istat sulla struttura del costo del lavoro in Italia. L'istituto di statistica stima che nel 2016 questo indicatore - che comprende oltre alla retribuzione e ai contributi sociali anche le spese per la formazione - per le imprese con almeno 10 dipendenti dell'industria e dei servizi sia stato pari a 41.785 euro per dipendente. Le retribuzioni lorde si sono attestate invece a 30.237 euro, pari al 72% circa del costo del lavoro. Andando poi a vedere le differenze fra le diverse aree del Paese l'Istat spiega: «La retribuzione per ora lavorata è superiore alla media nazionale nel Nord-ovest e nel Centro (rispettivamente +4,5% e +2,1%) mentre nel Nord-est, nel Sud e nelle Isole i valori sono inferiori (-3,3%, -6,1% e -2,8%)».
Un dislivello che si spiega anche con la presenza in questa area del Paese della maggior parte delle grandi imprese, dove mediamente la retribuzione è nettamente più alta rispetto alle piccole aziende. «La retribuzione lorda per ora lavorata - sottolinea infatti ancora l'istituto di statistica nel suo rapporto - è pari a 20,19 euro, con una differenza di oltre sette euro tra le unità economiche con 1.000 e più dipendenti e quelle di piccole dimensioni (10-49 dipendenti)». Il divario, precisa l'Istat, è presente in tutti i macro settori ma è più accentuato nelle costruzioni, settore caratterizzato da un numero molto ridotto di imprese di grande e grandissima dimensione.
 
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