Più moneta in gioco per spingere prestiti e consumi

Più moneta in gioco per spingere prestiti e consumi
di Roberta Amoruso
Venerdì 23 Gennaio 2015, 06:03 - Ultimo agg. 09:06
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ROMA - Se l'arma di Mario Draghi sia da considerare più una pallottola d'argento o un bazooka, questo si vedrà. Intanto è certo che sparerà fino a settembre 2016. Ma anche oltre, se necessario.

Finché non ci sarà «un sostegno adeguato», promette Mr Bce. Anche l'obiettivo del piano di acquisto titoli da 1.140 miliardi è altrettanto certo: riportare l'inflazione vicino al 2%. E dunque fare arrivare gli effetti fino al cuore dell'economia Ue. Ma anche sul flusso del credito, con una spinta ai finanziamenti a imprese e famiglie. Tutti effetti che si faranno sentire davvero nel 2016, sostiene Ubs. Fin qui gli obiettivi dichiarati da Draghi, quelli che rientrano nel mandato principe delle banche centrali: tenere a bada le evoluzioni dei prezzi. Ma in realtà sono tante le leve che si muovono quando una Banca come l'Eurotower decide di rovesciare sul mercato in 19 mesi oltre mille miliardi di moneta fresca.



Il meccanismo funziona così: la Bce comprerà per mano delle Banche centrali nazionali titoli governativi (oltre agli Abs e ai Covered bond) fino a un massimo del 33% del debito pubblico di ogni Paese e per un massimo del 25% di ciascuna emissione. Bisogna però aggiungere che in caso di perdite eventuali, il rischio sarà assorbito soltanto per il 12% tra i Paesi dell'Eurozona (del 20% «condiviso» indicato da Draghi, solo l'8% sarà in capo alla Bce). Un compromesso non da poco offerto alla Bundesbank e alla non piccola schiera di falchi. Ma l'efficacia dell'operazione non cambia. Draghi solleverà i bilanci delle banche europee per 1.040 miliardi, di cui 800 miliardi in titoli di Stato secondo le stime. Una liquidità non lontana dai 1.500 miliardi di dollari iniettati dalla Fed nel terzo round del Qe.



COSA CAMBIA PER IL CREDITO

Va ricordato infatti che gli effetti del Quantitative easing passano anche sugli istituti di credito. E non solo perché i rendimenti dei titoli di Stato (già ridotti a minimi ma attesi ora in ulteriore discesa) sono un punto di riferimento per i tassi sui prestiti. Ma anche perché le banche sono i principali venditori dei titoli acquistati per motivi di politica monetaria. Grazie al Qe, i bilanci degli istituto possono liberarsi di Btp, Bonos o Bund per acquistare attività più rischiose, e quindi fare più prestiti a imprese e famiglie. Questa è la scommessa e negli Usa ha funzionato. In Eurolandia, però, il timore è che le banche tornino a riempirsi di titoli di Stato. Senza contare che in Europa, e in particolare in Italia, il principale canale di finanziamento all'economia resta proprio il sistema bancario (quasi l'80%) e non il mercato dei capitali. Se il bakooka di Bernanke ha funzionato è perchè negli Usa il 70% dei finanziamenti alle imprese passa dai bond e quindi acquistare titoli di Stato, abbassarndo i tassi su tutte le scadenze, ha effetti immediati anche sull'impennata dei prestiti alle imprese. In Europa si può solo sperare che il risultato sia identico.



Nel Vecchio Continente, poi, la domanda di credito stenta a decollare anche quando la liquidità c'è. Perchè quando la fiducia scricchiola e la crescita rimane sempre dietro l'angolo, le imprese stentano a bussare a nuovi prestiti. Se, però, l'economia ripartirà, aiutata anche dal prezzo del petrolio, persino l'industria riprenderà a investire, è il ragionamento.



LA CRESCITA

E qui si torna agli altri effetti del bazooka-Draghi. Disinnescare il rischio deflazione significa contribuire a rafforzare l'economia. E allora anche l'indebolimento atteso dell'euro (fino a 1,09 sul dollaro secondo Hsbc) può fare la sua parte per sostenere esportazioni e imprese. Non mancano, tuttavia, i dubbi sui tempi. Ci potrebbero volere due anni per vedere gli effetti, dicono gli analisti. L'istituto francese Societè Generale si spinge anche oltre: gli acquisti avranno un effetto sui prezzi stimabile tra lo 0,2% e lo 0,8% in due anni. Stessa previsione per il Pil. Ma poi, basterà acquistare 40 miliardi di bond governativi ogni mese (su un totale di 60 miliardi) per mettere una toppa a un credito che dal 2009 ha accumulato una contrazione di circa 570 miliardi? Draghi risponde che la Bce non può fare tutto: tocca ai governi fare la loro parte.