«C'è l'angoscia che ti sparino addosso». E le città sono deserte, tutti al riparo in casa. «Nessun luogo pubblico è più sicuro». Salvatore Foti, presidente del Comitato italiano all'estero Ecuador (Comites) è a Quito, la capitale. Sono 30mila gli italiani nel Paese. Racconta: «Tutto è cambiato, da quando l'altro ieri gruppi armati hanno preso d'assalto Tc television la gente ha capito, ma già prima sospettava, che i delinquenti qui comandano». La paura è montata. Con fuggi fuggi, nessuno che rispetta i semafori, uffici, scuole, negozi chiusi. Un flashback: «La sensazione è quella dell'epoca del covid, si evita di uscire, si aspetta, assetati di notizie, sperando finisca tutto». Mentre continua il braccio di ferro tra Narcos e Stato, gli attentati all'ordine del giorno, dalle piccole stazioni di polizia ai passaggi pedonali, ai mezzi pubblici «noi dobbiamo stare attenti a spostarci». Non è un fulmine a ciel sereno. Si poteva esser rapinati, sequestrati anche prima. Ora basta essere nel posto sbagliato nel momento sbagliato: un papà è stato colpito a morte mentre correva a prendere il figlio a scuola. «Da due, tre anni c'era la paura di uscire la sera, i locali chiudevano prima, i sequestri di persona, ordinari. Estorsioni, attentati, i commercianti sono stati presi di mira dai criminali, molti hanno chiuso». Ora tutto è fermo. Coprifuoco dalle 23 alle 5, stato di emergenza nel Paese. Il conflitto armato interno con i gruppi criminali (22 cartelli legati al narcotraffico) vede ogni giorno saccheggi, rapine, attentati, rivolte, un'esplosione mercoledì in una discoteca. Ieri esercito e polizia hanno arrestato 329 membri di bande criminali, eliminati altri 5, riportato 28 in prigione. Ma almeno 139 persone sono tenute in ostaggio da bande armate nelle carceri. «Il Paese è unito ed è per questo che usciremo vincitori», ha detto in un videomessaggio il presidente dell'Ecuador Daniel Noboa. Un altro video è stato diffuso da un gruppo di criminali, uno ha letto un comunicato: «Salutiamo il Paese e ci scusiamo per i disordini, soprattutto a voi poveri, i più colpiti». Poi un attacco a Noboa: «ragazzo ricco con il suo ego da supereroe» e un cenno a possibili negoziati con il governo su esempio della Colombia. Si dice fiducioso Sebastian Passarello, arrivato domenica a Cuenca da Parma per montare un pastificio per conto dell'azienda Italpasta. «Già nell'hotel mi hanno spiegato che c'era il coprifuoco perché era scappato un leader dei Narcos e che era meglio non uscire. Lunedì sono iniziati i disordini, si è sparsa la voce che potevano esserci auto bomba, c'è stato un fuggi fuggi dalla piazza centrale, hanno chiuso il centro, la paura e l'agitazione hanno preso il sopravvento più dell'allarme e gli spari».